Briciole di catechesi

Briciole di catechesi

a cura di P. Tarcisio Marco Mascia


Questa rubrica è una presentazione molto semplice della fede cristiana con riferimento costante al Catechismo della Chiesa Cattolica. Può essere utile a chiunque si interroga sulle ragioni della fede e dei suoi contenuti.


1. Il desiderio di Dio

Sant’Agostino ha scritto la notissima frase: “Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode […]. Ci hai fatto per te e il nostro cuore non ha sosta finché non riposa in Te”. Queste parole esprimono il desiderio di pienezza e di pace presente nel cuore di ciascuno.

Dio stesso, creando l’uomo a propria immagine, ha scritto nel suo cuore il desiderio di vederlo. Anche se tale desiderio è spesso ignorato, Dio non cessa di attirare l’uomo a sé, perché viva e trovi in lui quella pienezza di verità e di felicità, che cerca senza posa.

Per natura e per vocazione, l’uomo è pertanto un essere religioso, capace di entrare in comunione con Dio. Questo intimo e vitale legame con Dio conferisce all’uomo la sua fondamentale dignità. (CCC, Compendio, n.2)


2. Si può conoscere Dio con la ragione umana?

Se è vero che nel cuore dell’uomo c’è il desiderio di Dio, ci si può chiedere se noi possiamo arrivare a conoscerlo servendoci solo dell’uso della ragione. Certamente si può. Infatti “partendo dalla creazione, cioè dal mondo della creazione e dalla persona umana, l’uomo, con la sola ragione, può con certezza conoscere Dio come origine e fine dell’universo e come sommo bene, verità e bellezza infinita.” (CCC, Compendio, n.3)

Tuttavia spesso l’uomo trova difficoltà di fronte al mistero della conoscenza di Dio. Quindi Dio ha voluto illuminarlo con la sua Rivelazione prendendolo quasi per mano. Possiamo dunque dire che “Dio si rivela all’uomo. Con eventi e parole rivela Se stesso e il suo disegno di benevolenza” (CCC, Compendio, nn. 4-6).


3. La rivelazione di Dio

Che cosa Dio ci rivela? Ci rivela se stesso e il suo amore per tutti noi. Questa rivelazione è avvenuta per tappe: dai progenitori, Adamo ed Eva, con la loro disobbedienza; da Abramo ai Patriarchi; dalla schiavitù in Egitto alla liberazione e al viaggio dell’Esodo fino al Sinai, dove per mezzo di Mosè stringe alleanza col suo popolo, dando loro la Legge. Poi i Profeti, che prospettano un’alleanza nuova ed eterna, che Dio avrebbe realizzato con il Messia, cioè Gesù suo figlio.
La rivelazione ha raggiunto il suo culmine con l’incarnazione del Verbo, l’Unigenito Figlio di Dio, Parola perfetta e definitiva del Padre. (Cfr. CCC, nn. 6-9)

“Dal momento in cui ci ha dato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva Parola, Dio ci ha detto tutto in una sola volta in questa Sua Parola e non ha più nulla da dire” (San Giovanni della Croce)


4. La rivelazione di Dio è per tutti

Dio si è rivelato per la salvezza di tutti, cioè vuole che tutti siano salvati ed arrivino alla conoscenza della verità di Gesù Cristo, secondo la Tradizione Apostolica.

La Tradizione Apostolica è la trasmissione del messaggio di Cristo compiuta, sin dalle origini del cristianesimo, mediante la predicazione, la testimonianza, le istituzioni, il culto e gli scritti ispirati.

Il messaggio di Gesù è stato trasmesso dagli Apostoli ai loro successori, i vescovi, e, attraverso questi, a tutte le generazioni fino alla fine dei tempi.

La Tradizione Apostolica si realizza in due modi: con la trasmissione viva della Parola di Dio  (detta anche semplicemente la Tradizione), e con la Sacra Scrittura, che è lo stesso annuncio della salvezza messo per iscritto. (Cfr. CCC, Compendio, nn. 11-13).


5. Il deposito della fede

Il termine “deposito” non è molto bello, ma traduce il termine tecnico latino (“depositum”) per indicare la Tradizione e la Sacra Scrittura, che insieme contengono le verità della fede.

Il deposito della fede è affidato dagli Apostoli alla Chiesa nella sua totalità, e cioè a tutto il Popolo di Dio, sorretto dallo Spirito Santo e guidato dal Magistero della Chiesa.

L’interpretazione autentica del deposito spetta al solo Magistero vivente della Chiesa, e cioè al Successore di Pietro, il Vescovo di Roma, e ai Vescovi in comunione con Lui.

Scrittura, Tradizione e Magistero sono tra loro strettamente uniti: nessuno di loro esiste senza gli altri e insieme contribuiscono efficacemente alla salvezza degli uomini. (Cfr. CCC, Compendio, nn. 14-17).


 6. La Sacra Scrittura

La Sacra Scrittura è la rivelazione scritta, il cui autore è ritenuto Dio stesso: per questo si dice che è ispirata. In altre parole, lo Spirito Santo ha ispirato gli autori umani, i quali hanno scritto ciò che egli ha voluto insegnarci.

Tuttavia la fede cristiana non è “una religione del libro”, ma della Parola di Dio, che non è “una parola scritta e muta, ma il Verbo incarnato e vivente” (San Bernardo da Chiaravalle).

La Sacra Scrittura deve essere letta e interpretata con l’aiuto dello Spirito Santo e sotto la guida del Magistero della Chiesa, secondo tre criteri: 1) attenzione al contenuto e all’unità di tutta la Scrittura; 2) lettura della Scrittura nella Tradizione viva della Chiesa; 3) rispetto dell’analogia della fede, cioè della coesione delle verità della fede tra di loro. (Cfr. CCC, Compendio, nn. 18-19).


 7. La Sacra Scrittura: l’ispirazione e il cànone

Per noi cristiani sia l’Antico che il Nuovo Testamento sono vera Parola di Dio e quindi tutti gli scritti della Bibbia sono divinamente ispirati. Il Nuovo Testamento ha come oggetto centrale Gesù Cristo: in Lui la divina Rivelazione raggiunge il suo pieno compimento. I quattro Vangeli, che contengono la principale testimonianza sulla vita e sulla dottrina di Gesù, costituiscono il cuore di tutte le Scritture e occupano un posto unico nella Chiesa.

Il cànone delle Scritture è l’elenco completo degli scritti sacri, che la Tradizione Apostolica ha fatto discernere alla Chiesa. Tale cànone comprende 46 scritti dell’Antico Testamento e 27 del Nuovo.

La Sacra Scrittura dona sostegno e vigore alla vita della Chiesa. È, per i suoi figli, saldezza della fede, cibo e sorgente di vita spirituale. La Chiesa esorta perciò alla frequente lettura della Sacra Scrittura, perché “l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo” (San Girolamo). Cfr. CCC, Compendio, nn. 20-24.


8. La risposta dell’uomo a Dio

La risposta dell’uomo a Dio è la fede: con la fede egli si affida a Dio e accoglie la sua Verità. Come fecero i principali testimoni della fede: Abramo, il padre dei credenti, che sempre obbedì alla sua chiamata; e la Vergine Maria, che realizzò nel modo più perfetto l’obbedienza della fede (“Avvenga di me quello che hai detto”).

Cosa vuol dire “credere in Dio”? Vuol dire affidarsi a Lui e accogliere le verità da Lui rivelate. Significa accoglierlo nella totalità del suo mistero, cioè credere in un solo Dio nella distinzione delle tre Persone: Padre, Figlio e Spirito Santo.

Della fede si dice che è un dono gratuito di Dio e nello stesso tempo che è un atto umano, cioè un atto dell’intelligenza dell’uomo che liberamente dà il proprio consenso alla verità di Dio.

Perciò fede e scienza hanno entrambe origine da Dio e non possono mai essere in contraddizione. È lo stesso Dio che dona all’uomo sia il lume della ragione sia la fede.

“Credi per comprendere: comprendi per credere” (Sant’Agostino).


9. La professione della fede

La fede della Chiesa si esprime attraverso formule, chiamate “simboli” o “professioni di fede”, con i quali la Chiesa, fin dalle origini, ha espresso sinteticamente e trasmesso la propria fede.

I più noti e importanti “simboli” sono: il “Simbolo degli Apostoli”, che è l’antico Simbolo battesimale della Chiesa di Roma, e il “Simbolo niceno-costantinopolitano”, frutto dei primi Concili Ecumenici di Nicea (325) e di Costantinopoli (381), ancora oggi comuni a tutte le grandi Chiese d’Oriente e d’Occidente.

Simbolo degli Apostoli

Io credo in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra. E in Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, mori e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente: di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna...

Credo Niceno-Costantinopolitano

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero  da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, mori e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo Battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

10. Io credo in Dio, Padre Onnipotente, Creatore del cielo e della terra

Quando diciamo il Credo, rinnoviamo la nostra professione di fede, cioè diciamo di credere in Dio e di essersi rivelato al popolo di Israele come il Dio unico: “Ascolta, Israele, il Signore è uno solo” (Dt 6,4).

Dio si rivela come il Dio vivente, “il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe” (Es 3,6). Egli rivela a Mosè anche il suo nome misterioso: “Io sono Colui che sono (YHWH)”. Già nell’Antico Testamento e poi nel Nuovo si affermò in alternativa il nome di Signore.

Di Dio diciamo che ha in se stesso la pienezza dell’essere e di ogni perfezione. Egli è “Colui che è”, senza origine e senza fine. Gesù rivela che anch’egli porta il Nome divino: “Io sono” (Gv 8,28).


Nel rivelare il suo nome, Dio fa conoscere il suo mistero ineffabile: egli solo è, da sempre e per sempre, Colui che trascende il mondo e la storia. È lui che ha fatto il cielo e la terra. È il Dio fedele, sempre vicino al suo popolo per salvarlo. È il santo per eccellenza, “ricco di misericordia”, sempre pronto a perdonare. È l’Essere spirituale, trascendente, onnipotente, eterno, personale, perfetto. È verità e amore. (Cfr. CCC, Compendio, nn. 36-40)


11. Il mistero centrale della fede cristiana

Il mistero centrale della fede è quello della Santissima Trinità. Tutti noi infatti veniamo battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Tale mistero, che va al di là delle possibilità della ragione umana, ci è stato rivelato da Gesù Cristo, ed è la sorgente di tutti gli altri misteri.

Gesù ci rivela che Dio è “Padre” e che genera eternamente nel suo seno il Figlio, che è il suo Verbo, “irradiazione della sua gloria, impronta della sua sostanza”.

Lo Spirito Santo, terza persona della Santissima Trinità, “procede dal Padre e dal Figlio” ed è Dio egli stesso, uno e uguale al Padre e al Figlio. Inviato dal Padre e dal Figlio incarnato, lo Spirito Santo guida la Chiesa “a conoscere la verità tutta intera”.

La Chiesa esprime la sua fede trinitaria confessando un solo Dio in tre persone: Padre e Figlio e Spirito Santo. Quindi le tre Persone solo un solo Dio perché ciascuna di esse è identica alla pienezza dell’unica e indivisibile natura divina.

“O mio Dio, Trinità che adoro… pacifica la mia anima: fanne il tuo cielo, la tua dimora amata e il luogo del tuo riposo. Che io non ti lasci mai sola, ma che sia lì, con tutta me stessa, tutta vigile nella mia fede, tutta adorante, tutta offerta alla tua azione creatrice.” (Elisabetta della Trinità). Cfr. CCC, Compendio, nn. 41-49)



12. Dio è onnipotente e creatore

Questa è la fede della Chiesa: Dio manifesta la sua potenza nel creare il mondo dal nulla e l’uomo per amore.

La creazione manifesta l’amore onnipotente e sapiente di Dio; è anche il primo passo verso l’Alleanza di Dio con il suo popolo e l’inizio della storia della salvezza culminante in Cristo.

Il mondo è stato creato dalla Trinità Santa. L’opera della creazione è particolarmente attribuita a Dio Padre.

Dio ha creato l’universo liberamente, dal nulla, con sapienza e amore, un mondo ordinato e buono. Nello stesso tempo egli conserva nell’essere la sua creazione e la sorregge, dandole capacità di agire e conducendola al suo compimento.

Dio è anche provvidente, perché provvede a condurre le sue creature verso la realizzazione del suo disegno di amore. All’uomo egli chiede, rispettando la sua libertà, di collaborare con le sue azioni, le sue preghiere, ma anche con le sue sofferenze.

Perché allora il male? È difficile rispondere a questo interrogativo. La fede ci dice che Dio non è in alcun modo, né direttamente né indirettamente, la causa del male. Egli però illumina il mistero del male nel suo Figlio Gesù, morto e risorto per vincere il gran male del peccato, che all’origine di tanti mali. (Cfr. CCC, Compendio, nn. 50-58)


“La gloria di Dio è l’uomo vivente e la vita dell’uomo è la visione di Dio” (Sant’Ireneo).



13. L’uomo “immagine di Dio”

L’uomo è creato a immagine di Dio, perché è capace di conoscere e amare, nella libertà, il proprio Creatore. È la sola creatura che Dio ha voluto per se stessa e che ha chiamato a condividere, nella conoscenza e nell’amore, la sua vita divina. Di qui anche la sua dignità di persona: non è qualcosa, ma qualcuno, capace di conoscersi, di donarsi liberamente e di entrare in comunione con Dio e con le altre persone.

Ci si può chiedere perché Dio ha creato l’uomo. Dio l’ha creato per conoscerlo, per servirlo e amarlo e lodarlo.

Tutti gli uomini, che hanno avuto da Dio la stessa origine, formano anche un’unica famiglia: la famiglia del genere umano. E tutti hanno in Gesù l’unico Salvatore.

L’uomo è un essere insieme corporeo e spirituale. Spirito e corpo in lui formano un’unica natura. Questa unità è così profonda che, grazie al principio spirituale che è l’anima, il corpo, che è materiale, diventa corpo umano e vivente, e partecipa alla dignità di immagine di Dio.

L’anima spirituale non viene dai genitori, ma è creata direttamente da Dio, ed è immortale. Separandosi dal corpo al momento della morte, essa non perisce; si unirà nuovamente al corpo nel momento della risurrezione finale.  (CCC, Compendio, nn. 66-70).


14. L’uomo e la donna. Il peccato originale.

Nel progetto di Dio l’uomo e la donna hanno uguale dignità e sono complementari l’uno all’altro, essendo maschio e femmina. Insieme sono chiamati a trasmettere la vita umana nel matrimonio.

A entrambi Dio ha fatto dono della partecipazione alla propria vita divina, quando tra i due e Dio regnava un’armonia perfetta.

Ci fu poi il peccato. Tentati dal diavolo, i due hanno disobbedito al Creatore e hanno perduto, per sé e per tutti i discendenti, la grazia originale della santità e della giustizia.

Il peccato dei progenitori è detto peccato originale, perché i loro discendenti nascono privi della santità e della giustizia originali. È un peccato da noi “contratto”, non “commesso”; è una condizione di nascita, e non un atto personale, del quale perciò noi non siamo responsabili.

A seguito del peccato originale, la natura umana è ferita e sottoposta all’ignoranza, alla sofferenza, alla morte e al peccato. Chiamiamo tale inclinazione “concupiscenza”.

Tuttavia Dio non ha abbandonato i suoi figli neppure dopo il peccato e ha promesso loro che il male sarebbe stato sconfitto e salvato in modo ancora misterioso (Protovangelo). Cfr. CCC, Compendio, nn. 71-78.


15. Gesù, la buona notizia per l’umanità

Dio ha realizzato la sua promessa di salvezza mandando il suo Figlio, al tempo di Erode e di Cesare Augusto, “nato da donna, nato sotto la legge per riscattare coloro che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4-5).

I suoi discepoli hanno annunciato Gesù Cristo a tutti i popoli, per condurre tutti alla fede in lui.

Il nome “Gesù” significa “Dio salva” ed esprime la sua stessa identità e la sua missione, “perché è lui che salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,21).

Il nome di Gesù è accompagnato sempre da “Cristo”, parola greca che significa “unto”. Gesù è l’Unto di Dio, cioè consacrato da Dio per la sua missione redentrice. Da Cristo è derivato per i suoi discepoli il nome di “cristiani”.

Gesù è il “Figlio Unigenito di Dio”. Al momento del suo Battesimo nel Giordano, il Padre designa Gesù come suo “Figlio prediletto”. Presentando se stesso come il Figlio che “conosce il Padre”, Gesù afferma la sua relazione unica ed eterna con Dio suo Padre. (Cfr. CCC, Compendio, nn. 79-84)



16. Il Mistero dell’Incarnazione

La Chiesa professa la sua fede nell’incarnazione del Figlio di Dio, che ha assunto la natura umana nel grembo della Vergine Maria per opera dello Spirito Santo. Con una finalità: riconciliare noi peccatori con Dio e rivelarci il suo amore infinito.


Nell’Incarnazione la natura divina e la natura umana sono unite nell’unica Persona divina del Verbo. Perciò possiamo dire di Gesù che è veramente uomo e veramente Dio. Nel Credo noi diciamo che egli, il Figlio di Dio, è “generato, non creato, della stessa sostanza del Padre”, e che si è fatto vero uomo, nostro fratello, senza con ciò cessare di essere Dio, nostro Signore.

Il Figlio di Dio ha assunto un corpo animato da un’anima razionale umana. Con la sua intelligenza umana Gesù ha appreso molte cose attraverso l’esperienza. Ma anche come uomo il Figlio di Dio aveva una conoscenza intima e immediata di Dio suo Padre.

Aggiungiamo che Gesù aveva una volontà divina e una volontà umana. Nella sua vita terrena, il Figlio di Dio ha umanamente voluto ciò che ha divinamente deciso con il Padre e lo Spirito Santo per la nostra salvezza.
Infine diciamo che Cristo ha assunto un vero corpo umano, attraverso il quale Dio invisibile si è reso visibile. Cfr. CCC, Compendio, nn. 85-92.


17. Gesù, concepito dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo

La Vergine Maria ha concepito il Figlio  eterno nel suo grembo per opera dello Spirito Santo e senza la collaborazione di un uomo, come le aveva detto l’Angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te” (Lc 1,35).

Perciò Maria è veramente Madre di Dio perché è la madre di Gesù. In effetti, colui che è stato concepito per opera dello Spirito Santo e che è diventato veramente suo Figlio, è il Figlio eterno di Dio Padre.

Dio ha scelto gratuitamente Maria da tutta l’eternità perché fosse la Madre di suo Figlio: per compiere tale missione, è stata concepita immacolata. Questo significa che, per grazia di Dio e in previsione dei meriti di Gesù Cristo, Maria è stata preservata dal peccato originale fin dal suo concepimento. Cfr. Catechismo, Compendio, nn. 94-96.



18. Il Mistero di Cristo

Dai Vangeli apprendiamo le varie tappe della vita di Gesù: la sua nascita a Betlemme, la sua circoncisione, la sua Epifania, la sua presentazione al tempio, la sua fuga in Egitto, il suo ritorno dall’Egitto, la sua vita nascosta a Nazaret, la sua sottomissione a Maria e a Giuseppe.

Dai Vangeli sappiamo anche che Gesù si sottopose alle tentazioni del deserto. Satana tenta Gesù nella sua obbedienza alla missione affidatagli dal Padre, ma Egli resiste e la sua vittoria annuncia quella della sua passione, suprema obbedienza del suo amore filiale.

La predicazione di Gesù, fin dall’inizio della sua vita pubblica, ha come oggetto l’annuncio del regno di Dio. Gesù invita tutti gli uomini a farne parte dopo essersi convertiti.

Gesù accompagna la sua parola con segni e miracoli per attestare che il Regno è presente in lui, il Messia.

Infine Gesù sceglie i Dodici apostoli, futuri testimoni della sua Risurrezione, e li fa partecipi della sua missione e della sua autorità per insegnare, assolvere dai peccati, edificare e governare la sua Chiesa. Cfr. CCC, Compendio, nn. 102-109.




19. La condanna, la passione e la morte di Gesù

Gesù fu condannato dai capi d’Israele perché agiva contro la Legge, contro il Tempio di Gerusalemme, e in particolare contro la fede nel Dio unico, perché Gesù si proclamava Figlio di Dio. Per questo Egli fu consegnato a Pilato, perché lo condannasse a morte.

Gesù in realtà non ha abolito la Legge di Mosé ma l’ha portata a compimento dandone l’interpretazione definitiva.

Gesù è stato accusato di ostilità nei confronti del Tempio. Eppure l’ha venerato come “la dimora del Padre suo” (Gv 2,16), ma ne ha anche predetto la distruzione, in relazione della propria morte, e si è presentato lui stesso come la dimora definitiva di Dio in mezzo agli uomini.

La passione e morte di Gesù non possono essere imputate indistintamente né a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli altri Ebrei venuti dopo. Ogni singolo peccatore, cioè ogni uomo, è realmente causa e strumento delle sofferenze del Redentore, e più gravemente colpevoli sono coloro, soprattutto se cristiani, che più spesso ricadono nel peccato o si dilettano nei vizi.


Per riconciliare con sé tutti gli uomini votati alla morte a causa del peccato, Dio ha preso l’iniziativa di mandare suo Figlio perché si consegnasse alla morte per i peccatori. (CCC, Compendio, nn. 112-118)



20. Gesù ha offerto se stesso al Padre per l’umanità

Gesù Cristo ha offerto se stesso al Padre per compiere il suo disegno di salvezza. Egli ha dato “la sua vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45), riconciliando con Dio tutta l’umanità.

Nell’Ultima Cena Gesù realizza in anticipo l’offerta volontaria di se stesso quando dice: “Questo è il mio corpo  che è dato per voi” (Lc 22, 19), “questo è il mio sangue, che versato per voi…” (Mt 26, 28). Egli istituisce così al tempo stesso l’Eucaristia come “memoriale” (1 Cor 11,25) del suo sacrificio, e i suoi Apostoli come sacerdoti della nuova Alleanza.


Gesù ha liberamente offerto la sua vita in sacrificio espiatorio, cioè ha riparato le nostre colpe con la piena obbedienza del suo amore fino alla morte. Questo “amore fino alla fine” del Figlio di Dio riconcilia con il Padre tutta l’umanità. Cfr. CCC, Compendio, nn. 119-124).





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