Briciole di catechesi
Briciole di catechesi
a cura di P. Tarcisio Marco Mascia
1. Il desiderio di
Dio
Sant’Agostino
ha scritto la notissima frase: “Tu sei
grande, Signore, e ben degno di lode […]. Ci hai fatto per te e il nostro cuore
non ha sosta finché non riposa in Te”. Queste parole esprimono il desiderio
di pienezza e di pace presente nel cuore di ciascuno.
Dio
stesso, creando l’uomo a propria immagine, ha scritto nel suo cuore il
desiderio di vederlo. Anche se tale desiderio è spesso ignorato, Dio non cessa
di attirare l’uomo a sé, perché viva e trovi in lui quella pienezza di verità e
di felicità, che cerca senza posa.
Per
natura e per vocazione, l’uomo è pertanto un essere religioso, capace di
entrare in comunione con Dio. Questo intimo e vitale legame con Dio conferisce
all’uomo la sua fondamentale dignità. (CCC, Compendio, n.2)
2. Si può conoscere
Dio con la ragione umana?
Se è vero che nel cuore dell’uomo c’è il desiderio di Dio,
ci si può chiedere se noi possiamo arrivare a conoscerlo servendoci solo
dell’uso della ragione. Certamente si può. Infatti “partendo dalla creazione,
cioè dal mondo della creazione e dalla persona umana, l’uomo, con la sola
ragione, può con certezza conoscere Dio come origine e fine dell’universo e
come sommo bene, verità e bellezza infinita.” (CCC, Compendio, n.3)
Tuttavia spesso l’uomo trova difficoltà di fronte al mistero
della conoscenza di Dio. Quindi Dio ha voluto illuminarlo con la sua
Rivelazione prendendolo quasi per mano. Possiamo dunque dire che “Dio si rivela
all’uomo. Con eventi e parole rivela Se stesso e il suo disegno di benevolenza”
(CCC, Compendio, nn. 4-6).
3. La rivelazione di Dio
Che
cosa Dio ci rivela? Ci rivela se stesso e il suo amore per tutti noi. Questa
rivelazione è avvenuta per tappe: dai progenitori, Adamo ed Eva, con la loro
disobbedienza; da Abramo ai Patriarchi; dalla schiavitù in Egitto alla
liberazione e al viaggio dell’Esodo fino al Sinai, dove per mezzo di Mosè
stringe alleanza col suo popolo, dando loro la Legge. Poi i Profeti, che
prospettano un’alleanza nuova ed eterna, che Dio avrebbe realizzato con il
Messia, cioè Gesù suo figlio.
La
rivelazione ha raggiunto il suo culmine con l’incarnazione del Verbo,
l’Unigenito Figlio di Dio, Parola perfetta e definitiva del Padre. (Cfr. CCC,
nn. 6-9)
“Dal
momento in cui ci ha dato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva
Parola, Dio ci ha detto tutto in una sola volta in questa Sua Parola e non ha
più nulla da dire” (San Giovanni della Croce)
4. La rivelazione di Dio è per tutti
Dio
si è rivelato per la salvezza di tutti, cioè vuole che tutti siano salvati ed
arrivino alla conoscenza della verità di Gesù Cristo, secondo la Tradizione
Apostolica.
La
Tradizione Apostolica è la trasmissione del messaggio di Cristo compiuta, sin
dalle origini del cristianesimo, mediante la predicazione, la testimonianza, le
istituzioni, il culto e gli scritti ispirati.
Il
messaggio di Gesù è stato trasmesso dagli Apostoli ai loro successori, i
vescovi, e, attraverso questi, a tutte le generazioni fino alla fine dei tempi.
La
Tradizione Apostolica si realizza in due modi: con la trasmissione viva della
Parola di Dio (detta anche semplicemente
la Tradizione), e con la Sacra Scrittura, che è lo stesso annuncio della
salvezza messo per iscritto. (Cfr. CCC, Compendio, nn. 11-13).
5. Il deposito della fede
Il
termine “deposito” non è molto bello, ma traduce il termine tecnico latino
(“depositum”) per indicare la Tradizione e la Sacra Scrittura, che insieme
contengono le verità della fede.
Il
deposito della fede è affidato dagli Apostoli alla Chiesa nella sua totalità, e
cioè a tutto il Popolo di Dio, sorretto dallo Spirito Santo e guidato dal
Magistero della Chiesa.
L’interpretazione
autentica del deposito spetta al solo Magistero vivente della Chiesa, e cioè al
Successore di Pietro, il Vescovo di Roma, e ai Vescovi in comunione con Lui.
Scrittura,
Tradizione e Magistero sono tra loro strettamente uniti: nessuno di loro esiste
senza gli altri e insieme contribuiscono efficacemente alla salvezza degli
uomini. (Cfr. CCC, Compendio, nn. 14-17).
La Sacra
Scrittura è la rivelazione scritta, il cui autore è ritenuto Dio stesso: per
questo si dice che è ispirata. In altre parole, lo Spirito Santo ha ispirato
gli autori umani, i quali hanno scritto ciò che egli ha voluto insegnarci.
Tuttavia la
fede cristiana non è “una religione del libro”, ma della Parola di Dio, che non
è “una parola scritta e muta, ma il Verbo incarnato e vivente” (San Bernardo da
Chiaravalle).
La Sacra
Scrittura deve essere letta e interpretata con l’aiuto dello Spirito Santo e
sotto la guida del Magistero della Chiesa, secondo tre criteri: 1) attenzione
al contenuto e all’unità di tutta la Scrittura; 2) lettura della Scrittura
nella Tradizione viva della Chiesa; 3) rispetto dell’analogia della fede, cioè
della coesione delle verità della fede tra di loro. (Cfr. CCC, Compendio, nn.
18-19).
Per noi
cristiani sia l’Antico che il Nuovo Testamento sono vera Parola di Dio e quindi
tutti gli scritti della Bibbia sono divinamente ispirati. Il Nuovo Testamento
ha come oggetto centrale Gesù Cristo: in Lui la divina Rivelazione raggiunge il
suo pieno compimento. I quattro Vangeli, che contengono la principale
testimonianza sulla vita e sulla dottrina di Gesù, costituiscono il cuore di
tutte le Scritture e occupano un posto unico nella Chiesa.
Il cànone
delle Scritture è l’elenco completo degli scritti sacri, che la Tradizione
Apostolica ha fatto discernere alla Chiesa. Tale cànone comprende 46 scritti
dell’Antico Testamento e 27 del Nuovo.
La Sacra
Scrittura dona sostegno e vigore alla vita della Chiesa. È, per i suoi figli,
saldezza della fede, cibo e sorgente di vita spirituale. La Chiesa esorta
perciò alla frequente lettura della Sacra Scrittura, perché “l’ignoranza delle
Scritture è ignoranza di Cristo” (San Girolamo). Cfr. CCC, Compendio, nn.
20-24.
8. La risposta dell’uomo a Dio
La risposta
dell’uomo a Dio è la fede: con la fede egli si affida a Dio e accoglie la sua
Verità. Come fecero i principali testimoni della fede: Abramo, il padre dei
credenti, che sempre obbedì alla sua chiamata; e la Vergine Maria, che realizzò
nel modo più perfetto l’obbedienza della fede (“Avvenga di me quello che hai
detto”).
Cosa vuol
dire “credere in Dio”? Vuol dire affidarsi a Lui e accogliere le verità da Lui
rivelate. Significa accoglierlo nella totalità del suo mistero, cioè credere in
un solo Dio nella distinzione delle tre Persone: Padre, Figlio e Spirito Santo.
Della fede
si dice che è un dono gratuito di Dio e nello stesso tempo che è un atto umano,
cioè un atto dell’intelligenza dell’uomo che liberamente dà il proprio consenso
alla verità di Dio.
Perciò fede
e scienza hanno entrambe origine da Dio e non possono mai essere in
contraddizione. È lo stesso Dio che dona all’uomo sia il lume della ragione sia
la fede.
“Credi per
comprendere: comprendi per credere” (Sant’Agostino).
9. La professione della fede
La fede
della Chiesa si esprime attraverso formule, chiamate “simboli” o “professioni
di fede”, con i quali la Chiesa, fin dalle origini, ha espresso sinteticamente
e trasmesso la propria fede.
I più noti
e importanti “simboli” sono: il “Simbolo degli Apostoli”, che è l’antico
Simbolo battesimale della Chiesa di Roma, e il “Simbolo
niceno-costantinopolitano”, frutto dei primi Concili Ecumenici di Nicea (325) e
di Costantinopoli (381), ancora oggi comuni a tutte le grandi Chiese d’Oriente
e d’Occidente.
Simbolo degli Apostoli
Io credo in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra. E in Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, mori e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte; salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente: di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna...
Credo Niceno-Costantinopolitano
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della
terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo
Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di
tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato,
non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte
le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e
per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria
e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, mori e fu
sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al
cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria,
per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello
Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal
Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato
per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo
un solo Battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei
morti e la vita del mondo che verrà. Amen.
10. Io credo in Dio, Padre Onnipotente, Creatore del cielo e della terra
Quando
diciamo il Credo, rinnoviamo la nostra professione di fede, cioè diciamo di
credere in Dio e di essersi rivelato al popolo di Israele come il Dio unico: “Ascolta, Israele, il Signore è uno solo”
(Dt 6,4).
Dio si
rivela come il Dio vivente, “il Dio di
Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe” (Es 3,6). Egli rivela a Mosè
anche il suo nome misterioso: “Io sono
Colui che sono (YHWH)”. Già nell’Antico Testamento e poi nel Nuovo si
affermò in alternativa il nome di Signore.
Di Dio
diciamo che ha in se stesso la pienezza dell’essere e di ogni perfezione. Egli
è “Colui che è”, senza origine e
senza fine. Gesù rivela che anch’egli porta il Nome divino: “Io sono” (Gv 8,28).
Nel
rivelare il suo nome, Dio fa conoscere il suo mistero ineffabile: egli solo è,
da sempre e per sempre, Colui che trascende il mondo e la storia. È lui che ha
fatto il cielo e la terra. È il Dio fedele, sempre vicino al suo popolo per
salvarlo. È il santo per eccellenza, “ricco
di misericordia”, sempre pronto a perdonare. È l’Essere spirituale,
trascendente, onnipotente, eterno, personale, perfetto. È verità e amore. (Cfr.
CCC, Compendio, nn. 36-40)
11. Il mistero centrale della fede cristiana
Il mistero
centrale della fede è quello della Santissima Trinità. Tutti noi infatti
veniamo battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Tale
mistero, che va al di là delle possibilità della ragione umana, ci è stato
rivelato da Gesù Cristo, ed è la sorgente di tutti gli altri misteri.
Gesù ci
rivela che Dio è “Padre” e che genera eternamente nel suo seno il Figlio, che è
il suo Verbo, “irradiazione della sua gloria, impronta della sua sostanza”.
Lo Spirito
Santo, terza persona della Santissima Trinità, “procede dal Padre e dal Figlio”
ed è Dio egli stesso, uno e uguale al Padre e al Figlio. Inviato dal Padre e
dal Figlio incarnato, lo Spirito Santo guida la Chiesa “a conoscere la verità
tutta intera”.
La Chiesa
esprime la sua fede trinitaria confessando un solo Dio in tre persone: Padre e
Figlio e Spirito Santo. Quindi le tre Persone solo un solo Dio perché ciascuna
di esse è identica alla pienezza dell’unica e indivisibile natura divina.
“O mio Dio, Trinità che adoro… pacifica la mia
anima: fanne il tuo cielo, la tua dimora amata e il luogo del tuo riposo. Che
io non ti lasci mai sola, ma che sia lì, con tutta me stessa, tutta vigile
nella mia fede, tutta adorante, tutta offerta alla tua azione creatrice.”
(Elisabetta della Trinità). Cfr. CCC, Compendio, nn. 41-49)
12. Dio è onnipotente e creatore
Questa è la
fede della Chiesa: Dio manifesta la sua potenza nel creare il mondo dal nulla e
l’uomo per amore.
La
creazione manifesta l’amore onnipotente e sapiente di Dio; è anche il primo
passo verso l’Alleanza di Dio con il suo popolo e l’inizio della storia della
salvezza culminante in Cristo.
Il mondo è
stato creato dalla Trinità Santa. L’opera della creazione è particolarmente
attribuita a Dio Padre.
Dio ha
creato l’universo liberamente, dal nulla, con sapienza e amore, un mondo
ordinato e buono. Nello stesso tempo egli conserva nell’essere la sua creazione
e la sorregge, dandole capacità di agire e conducendola al suo compimento.
Dio è anche
provvidente, perché provvede a condurre le sue creature verso la realizzazione
del suo disegno di amore. All’uomo egli chiede, rispettando la sua libertà, di
collaborare con le sue azioni, le sue preghiere, ma anche con le sue
sofferenze.
Perché
allora il male? È difficile rispondere a questo interrogativo. La fede ci dice
che Dio non è in alcun modo, né direttamente né indirettamente, la causa del
male. Egli però illumina il mistero del male nel suo Figlio Gesù, morto e
risorto per vincere il gran male del peccato, che all’origine di tanti mali.
(Cfr. CCC, Compendio, nn. 50-58)
“La gloria di Dio è l’uomo vivente e la vita
dell’uomo è la visione di Dio” (Sant’Ireneo).
13. L’uomo “immagine di Dio”
L’uomo è creato
a immagine di Dio, perché è capace di conoscere e amare, nella libertà, il
proprio Creatore. È la sola creatura che Dio ha voluto per se stessa e che ha
chiamato a condividere, nella conoscenza e nell’amore, la sua vita divina. Di
qui anche la sua dignità di persona: non è qualcosa, ma qualcuno, capace di
conoscersi, di donarsi liberamente e di entrare in comunione con Dio e con le
altre persone.
Ci si può
chiedere perché Dio ha creato l’uomo. Dio l’ha creato per conoscerlo, per
servirlo e amarlo e lodarlo.
Tutti gli
uomini, che hanno avuto da Dio la stessa origine, formano anche un’unica
famiglia: la famiglia del genere umano. E tutti hanno in Gesù l’unico
Salvatore.
L’uomo è un
essere insieme corporeo e spirituale. Spirito e corpo in lui formano un’unica
natura. Questa unità è così profonda che, grazie al principio spirituale che è
l’anima, il corpo, che è materiale, diventa corpo umano e vivente, e partecipa
alla dignità di immagine di Dio.
L’anima
spirituale non viene dai genitori, ma è creata direttamente da Dio, ed è
immortale. Separandosi dal corpo al momento della morte, essa non perisce; si
unirà nuovamente al corpo nel momento della risurrezione finale. (CCC, Compendio, nn. 66-70).
14. L’uomo
e la donna. Il peccato originale.
Nel
progetto di Dio l’uomo e la donna hanno uguale dignità e sono complementari
l’uno all’altro, essendo maschio e femmina. Insieme sono chiamati a trasmettere
la vita umana nel matrimonio.
A entrambi
Dio ha fatto dono della partecipazione alla propria vita divina, quando tra i
due e Dio regnava un’armonia perfetta.
Ci fu poi
il peccato. Tentati dal diavolo, i due hanno disobbedito al Creatore e hanno
perduto, per sé e per tutti i discendenti, la grazia originale della santità e
della giustizia.
Il peccato
dei progenitori è detto peccato originale, perché i loro discendenti nascono
privi della santità e della giustizia originali. È un peccato da noi
“contratto”, non “commesso”; è una condizione di nascita, e non un atto personale,
del quale perciò noi non siamo responsabili.
A seguito
del peccato originale, la natura umana è ferita e sottoposta all’ignoranza,
alla sofferenza, alla morte e al peccato. Chiamiamo tale inclinazione
“concupiscenza”.
Tuttavia
Dio non ha abbandonato i suoi figli neppure dopo il peccato e ha promesso loro
che il male sarebbe stato sconfitto e salvato in modo ancora misterioso
(Protovangelo). Cfr. CCC, Compendio, nn. 71-78.
15. Gesù,
la buona notizia per l’umanità
Dio ha
realizzato la sua promessa di salvezza mandando il suo Figlio, al tempo di
Erode e di Cesare Augusto, “nato da
donna, nato sotto la legge per riscattare coloro che erano sotto la Legge,
perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4-5).
I suoi
discepoli hanno annunciato Gesù Cristo a tutti i popoli, per condurre tutti
alla fede in lui.
Il nome “Gesù” significa “Dio salva” ed esprime la sua stessa identità e la sua missione, “perché è lui che salverà il suo popolo dai
suoi peccati” (Mt 1,21).
Il nome di
Gesù è accompagnato sempre da “Cristo”,
parola greca che significa “unto”.
Gesù è l’Unto di Dio, cioè consacrato da Dio per la sua missione redentrice. Da
Cristo è derivato per i suoi discepoli il nome di “cristiani”.
Gesù è il “Figlio Unigenito di Dio”. Al momento del
suo Battesimo nel Giordano, il Padre designa Gesù come suo “Figlio prediletto”. Presentando se
stesso come il Figlio che “conosce il
Padre”, Gesù afferma la sua relazione unica ed eterna con Dio suo Padre.
(Cfr. CCC, Compendio, nn. 79-84)
16. Il Mistero dell’Incarnazione
La Chiesa professa la sua fede nell’incarnazione del Figlio di Dio, che ha assunto la natura umana nel grembo della Vergine Maria per opera dello Spirito Santo. Con una finalità: riconciliare noi peccatori con Dio e rivelarci il suo amore infinito.
Nell’Incarnazione la natura divina e la natura umana sono unite nell’unica Persona divina del Verbo. Perciò possiamo dire di Gesù che è veramente uomo e veramente Dio. Nel Credo noi diciamo che egli, il Figlio di Dio, è “generato, non creato, della stessa sostanza del Padre”, e che si è fatto vero uomo, nostro fratello, senza con ciò cessare di essere Dio, nostro Signore.
Il Figlio di Dio ha assunto un corpo animato da un’anima razionale umana. Con la sua intelligenza umana Gesù ha appreso molte cose attraverso l’esperienza. Ma anche come uomo il Figlio di Dio aveva una conoscenza intima e immediata di Dio suo Padre.
Aggiungiamo che Gesù aveva una volontà divina e una volontà umana. Nella sua vita terrena, il Figlio di Dio ha umanamente voluto ciò che ha divinamente deciso con il Padre e lo Spirito Santo per la nostra salvezza.
Infine diciamo che Cristo ha assunto un vero corpo umano, attraverso il quale Dio invisibile si è reso visibile. Cfr. CCC, Compendio, nn. 85-92.
17. Gesù, concepito dalla Vergine Maria per
opera dello Spirito Santo
La Vergine
Maria ha concepito il Figlio eterno nel suo
grembo per opera dello Spirito Santo e senza la collaborazione di un uomo, come
le aveva detto l’Angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te” (Lc 1,35).
Perciò
Maria è veramente Madre di Dio perché è la madre di Gesù. In effetti, colui che
è stato concepito per opera dello Spirito Santo e che è diventato veramente suo
Figlio, è il Figlio eterno di Dio Padre.
Dio ha
scelto gratuitamente Maria da tutta l’eternità perché fosse la Madre di suo
Figlio: per compiere tale missione, è stata concepita immacolata. Questo
significa che, per grazia di Dio e in previsione dei meriti di Gesù Cristo,
Maria è stata preservata dal peccato originale fin dal suo concepimento. Cfr.
Catechismo, Compendio, nn. 94-96.
18. Il
Mistero di Cristo
Dai Vangeli
apprendiamo le varie tappe della vita
di Gesù: la sua nascita a Betlemme,
la sua circoncisione, la sua Epifania, la sua presentazione al tempio, la sua fuga in Egitto, il suo ritorno dall’Egitto, la sua vita nascosta a Nazaret, la sua sottomissione a Maria e a Giuseppe.
Dai Vangeli
sappiamo anche che Gesù si sottopose alle tentazioni
del deserto. Satana tenta Gesù nella sua obbedienza alla missione affidatagli
dal Padre, ma Egli resiste e la sua vittoria annuncia quella della sua
passione, suprema obbedienza del suo amore filiale.
La predicazione di Gesù, fin dall’inizio
della sua vita pubblica, ha come oggetto l’annuncio del regno di Dio. Gesù invita tutti gli uomini a farne parte dopo
essersi convertiti.
Gesù
accompagna la sua parola con segni e
miracoli per attestare che il Regno è presente in lui, il Messia.
Infine Gesù
sceglie i Dodici apostoli, futuri
testimoni della sua Risurrezione, e li fa partecipi della sua missione e della
sua autorità per insegnare, assolvere dai peccati, edificare e governare la sua
Chiesa. Cfr. CCC, Compendio, nn. 102-109.
19. La
condanna, la passione e la morte di Gesù
Gesù fu
condannato dai capi d’Israele perché agiva contro la Legge, contro il Tempio di
Gerusalemme, e in particolare contro la fede nel Dio unico, perché Gesù si
proclamava Figlio di Dio. Per questo Egli fu consegnato a Pilato, perché lo
condannasse a morte.
Gesù in
realtà non ha abolito la Legge di Mosé ma l’ha portata a compimento dandone l’interpretazione
definitiva.
Gesù è
stato accusato di ostilità nei confronti del Tempio. Eppure l’ha venerato come “la
dimora del Padre suo” (Gv 2,16), ma ne ha anche predetto la distruzione, in
relazione della propria morte, e si è presentato lui stesso come la dimora
definitiva di Dio in mezzo agli uomini.
La passione
e morte di Gesù non possono essere imputate indistintamente né a tutti gli
Ebrei allora viventi, né agli altri Ebrei venuti dopo. Ogni singolo peccatore,
cioè ogni uomo, è realmente causa e strumento delle sofferenze del Redentore, e
più gravemente colpevoli sono coloro, soprattutto se cristiani, che più spesso
ricadono nel peccato o si dilettano nei vizi.
Per
riconciliare con sé tutti gli uomini votati alla morte a causa del peccato, Dio
ha preso l’iniziativa di mandare suo Figlio perché si consegnasse alla morte
per i peccatori. (CCC, Compendio, nn. 112-118)
20. Gesù ha
offerto se stesso al Padre per l’umanità
Gesù Cristo
ha offerto se stesso al Padre per compiere il suo disegno di salvezza. Egli ha
dato “la sua vita in riscatto per molti”
(Mc 10, 45), riconciliando con Dio tutta l’umanità.
Nell’Ultima
Cena Gesù realizza in anticipo l’offerta volontaria di se stesso quando dice: “Questo è il mio corpo che è dato per voi” (Lc 22, 19), “questo è il mio sangue, che versato per voi…”
(Mt 26, 28). Egli istituisce così al tempo stesso l’Eucaristia come “memoriale” (1 Cor 11,25) del suo
sacrificio, e i suoi Apostoli come sacerdoti della nuova Alleanza.
Gesù ha
liberamente offerto la sua vita in sacrificio espiatorio, cioè ha riparato le
nostre colpe con la piena obbedienza del suo amore fino alla morte. Questo “amore fino alla fine” del Figlio di Dio
riconcilia con il Padre tutta l’umanità. Cfr. CCC, Compendio, nn. 119-124).
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