Il convento di Mores si racconta (1715-2015)


Il convento di Mores si racconta
(1715-2015)

“Narrare la propria storia è rendere lode a Dio
e ringraziarlo per tutti i suoi doni” (Papa Francesco)


di Padre Tarcisio Mascia

Mores (SS) - Il convento dei Cappuccini


Il convento di Mores (SS) compie 300 anni, essendo stato fondato nel 1715. Come non celebrare l’importante ricorrenza? La fraternità del luogo ha provveduto a farlo con una serie di iniziative, la prima delle quali è stata la benedizione di una nuova campana, come è stato detto su Voce del Gennaio scorso.
Il 16 maggio di questo stesso anno la ricorrenza è stata oggetto di una conferenza, tenuta dal Direttore di Voce Serafica, presso il convento di Mores, davanti a una piccola folla di moresi. Il conferenziere ha ripercorso i trecento anni del convento dal punto di vista storico, che noi riproponiamo in sintesi ai nostri lettori.


L’anno della fondazione

Quando veniva fondato il convento di Mores nel 1715, il Servo di Dio Fra Nicolò da San Vero Milis era deceduto da appena otto anni (1707) e Fra Ignazio da Laconi non era stato ancora ricevuto in convento. Verrà ricevuto sei anni dopo (1721). Il Servo di Dio Fra Paolo da Cuglieri era invece ancora vivente a Bosa, o forse a Cuglieri, dove morirà nel 1726.
Ma da diciotto anni, cioè dal 1697, l’antica e fino ad allora unica Provincia della Sardegna era divisa in due province: quella Calaritana a Sud e quella Turritana a Nord dell’Isola.
A questa data (1697) esistevano conventi a Cagliari (1591), a Sassari (1591), a Iglesias (1593), ad Alghero (1605). Nel 1608 erano stati fondati i conventi di Oristano, Bosa, Nulvi, Sanluri, Barumini. Nel 1610, Cuglieri; Villasor; nel 1629; Sorso, nel 1630; nel 1631, Quartu; nel 1643, Cagliari S. Benedetto; Masullas, nel 1646; Ploaghe, nel 1652; Bitti, nel 1658; Nurri, nel 1659.
Subito dopo la divisione della Provincia, vennero fondati i conventi di Thiesi (1701), di Calangianus (1705) e subito dopo, nel 1715, quello di Mores.
Con i conventi crescevano anche i frati. Secondo le Tavole dei Capitoli Generali, i frati erano 84 nel 1608; 161, nel 1613; 219 nel 1625; 248 nel 1637; 258 nel 1650; 222 nel 1656; 255 nel 1662; 289 nel 1667; 440 nel 1685.
La divisione della provincia, più volte invocata, fu decisa con breve pontificio di Innocenzo XII del 6 agosto 1695 e divenne operativa dal 1697.
Appena 29 anni dopo la nascita delle due province, Calaritana e Turritana, nel 1726 ci fu una petizione da parte delle due province sarde in favore della riunificazione. Da Roma si rispose che era necessario il consenso dei Capitolari delle due province riuniti in capitolo.
Il Capitolo della Provincia Turritana, riunito a Ozieri nell’ottobre del 1726, diede parere favorevole (tutti i capitolari votarono a favore della riunificazione, tranne uno).
Anche il Capitolo della Provincia Calaritana, riunitosi nell’anno seguente a Oristano, si espresse favorevolmente (22 voti a favore e appena due contrari). Non si capisce perché la decisione rimase lettera morta. Forse perché le due province erano già molto divise al loro interno.
Con decreto del Commissario e Visitatore Generale, P. Paolo Francesco da Gassino, nel 1758, la Provincia Turritana fu divisa in due custodie: quella di Sassari, con i sette conventi di Sassari, Sorso, Ploaghe, Thiesi, Mores, Nulvi e Calangianus.
E la seconda, quella di Alghero, con i conventi di Alghero, Ozieri, Bolotana, Bosa, Cuglieri e Bitti.
Un secolo convulso

L’anno di fondazione del convento di Mores, il 1715, cadeva in un secolo molto convulso sia per la storia dell’Isola che per la storia europea. Soprattutto concitati e complessi furono gli anni del primo ventennio, “che portano recessione economica e povertà tra le popolazioni e negli stessi conventi. Eventi conclusi nel 1720, quando in virtù di accordi stipulati da Inghilterra, Olanda e Austria, il 2 agosto 1718 a Londra… la Sardegna passa ai Savoia che, da duchi, ora diventano re di Sardegna… seguono quarant’anni senza scossoni per l’Isola che vive quasi nulla fosse cambiato: si continua a parlare e scrivere in spagnolo, a dare l’insegnamento scolastico secondo l’impostazione iberica, a vestire alla spagnolesca e ad amministrare la giustizia secondo la Carta de Logu” (U. Zucca) 6.
Un vero cambiamento avverrà solo quando il re nominerà ministro per gli affari sardi il conte Giambattista Lorenzo Bogino (1759-1773), attraverso cui il riformismo regio introdotto in Piemonte viene con forza e determinazione esportato in Sardegna. Tra le varie riforme introdotte dal ministro, ci fu anche il contenimento numerico di conventi e religiosi, che nel giro di un secolo porterà a ridimensionare radicalmente la presenza e i ruoli dei religiosi in Sardegna, per cui un secolo dopo i religiosi dell’Isola scenderanno da oltre 2000 unità a poco più di 500.
Il secolo si chiuderà con le grandi agitazioni provocate dalle idee libertarie della rivoluzione francese, ma anche dall’insofferenza dei sardi nei confronti dei loro padroni, che sempre li escludevano dagli incarichi più importanti – civili, ecclesiastici, militari – nell’Isola.
Dal punto di vista ecclesiale questo fu un periodo caratterizzato dalla solita disputa sul primato tra Cagliari e Sassari. “La diatriba durò decenni, avvelenando il clima ecclesiale, fomentando ulteriori divisioni tra il capo di sopra e quello di sotto, zone geografiche dell’Isola in conflitto per la presunta supremazia della regione. Questa divisione polemica tra nord e sud appare una costante nella storia della Chiesa isolana; si manifestò soprattutto all’interno delle province religiose, raggiungendo momenti di forte tensione tra i loro membri…” (T. Cabizzosu) 7.
Altra disputa, quella della ricerca dei “corpi santi” dei presunti martiri, dei quali si costruivano frettolosamente vita e opere senza adeguata documentazione. “L’acuirsi di questa problematica documenta la mentalità secentesca e barocca, incentrata più sullo spirito devozionistico che su una conversione interiore” (T. Cabizzosu, ivi).


Il racconto della fondazione

La prima chiamata dei Cappuccini a Mores risale all'anno 1703. I notabili del paese, con a capo il Marchese Don Antonio Manca feudatario del luogo, e il Parroco chiesero di poter avere, come la vicina Thiesi, il convento dei frati francescani.
Il Capitolo Provinciale Turritano, che si era tenuto nel convento di Ozieri in quello stesso anno, l'11 maggio aveva accolto la domanda. Tuttavia, il desiderio dei moresi non poté realizzarsi subito, avendo l'arcivescovo di Sassari negato il suo consenso. Dopo la sua morte, fu il Vicario Generale a dare la sospirata approvazione, con decreto del 12 giugno 1714, poi ratificato dal nuovo arcivescovo.
Nel 1715 ebbe inizio l'opera di costruzione del convento. Il parroco di Mores Don Giovanni Francesco Sanna cedeva ai Cappuccini la chiesetta di S. Pietro,. che i frati ristrutturarono secondo il loro stile e la dedicarono a S. Antonio di Padova.
Il Marchese, il Comune e il popolo offrirono il terreno intorno alla chiesa (una zona elevata e molto bella detta "pianu de santu Pedru"), soldi e mezzi per costruire il convento.
Il 20 giugno 1715, solennità del Corpus Domini, fu piantata la croce nel terreno scelto e venne posta la prima pietra, alla presenza delle autorità civili e religiose di Mores e dei paesi vicini e con la partecipazione di una grande folla. Le cronache riferiscono che la processione e la cerimonia si protrassero per lo spazio di circa tre ore.

Chi bussa alla porta del convento ancora oggi può vedere il ricordo di quel giorno memorabile, nella pietra-architrave posta all'ingresso. Vi si legge: "LAPIS ANGULARIS HUIUS COENOBIJ ERECTUS FUIT ANNO MDCCXV DIE XX MENSIS JUNII" (la pietra angolare di questo convento fu posta nell'anno 1715 il giorno 20 del mese di giugno).
Non conosciamo i nomi dei frati che hanno costituito la prima famiglia religiosa; sappiamo soltanto che il primo guardiano è stato il P. Gregorio da Mores…. Solamente nel 1730 questo convento poté accogliere una famiglia religiosa canonicamente costituita con il suo P. Guardiano nella persona del P. Francesco da Mores. L’officiatura solenne in coro si ebbe alla vigilia della Pentecoste, il 12 giugno 1732. Era allora guardiano P. Antonio da Mores, che morì alcuni giorni dopo. Lo sostituì P. Giovanni Battista da Cuglieri eletto il 20 giugno dello stesso anno.
Nel convento di Mores i frati Cappuccini saranno presenti ininterrottamente per circa 170 anni. Qual era la consistenza numerica abituale della fraternità?  Da alcune statistiche si può dedurre che la composizione della famiglia di Mores si aggirasse intorno alla decina di religiosi: una metà costituita  da sacerdoti e un’altra metà da fratelli laici. Una tabella del 1785 (l’anno della visita del Ministro Generale, P. Erardo da Radkersburg) indica che la fraternità di Mores, quell’anno, era composta da 5 sacerdoti e 5 fratelli laici.
Nel 1789, i religiosi erano 8 (4 sacerdoti e 4 fratelli laici).
Nel 1791, erano 11: 5 sacerdoti, 2 chierici, 4 fratelli laici, e 3 terziari perpetui.
Nel 1792, sono ancora 11, e cioè: 5 sacerdoti, 2 chierici e 4 fratelli laici.
Nel 1793, sono 9: 4 sacerdoti, 1 chierico e 4 laici, più 3 terziari perpetui.
Nel 1795, i religiosi erano 9: 4 sacerdoti, 1 chierico, 4 fratelli laici e 3 terziari perpetui.
Nel 1856, anno della sua pubblicazione, il Dizionario di Angius-Casalis indica la comunità di Mores come composta di 16 frati.
Il convento, comunque, arrivò ad avere una certa importanza nella Provincia Turritana: nel 1748 vi si celebrò un Capitolo Provinciale, e in alcuni periodi fu sede dello Studentato di Teologia. Fra i religiosi che si distinsero, viene ricordato fra Placido da Gesturi, ritenuto da tutti un vero santo. Egli aveva predetto la data della sua morte, che avvenne nel 1778, mentre inginocchiato recitava il santo Rosario.
Dopo lunghi anni di vita serena e di fervente lavoro apostolico, i Cappuccini dovettero però abbandonare il convento. Infatti nel 1866 il governo italiano decretò la soppressione degli Ordini Religiosi e la confisca dei beni ecclesiastici, e nel gennaio 1867 quella legge soppressiva venne applicata ovunque. I frati furono dispersi, i conventi chiusi e tutti i beni presi dallo Stato.
La popolazione di Mores, con dolore, vide i suoi Cappuccini partire e il loro convento adibito a caserma dei Reali Carabinieri. Solo un piccolo locale fu riservato a P. Felice da Ploaghe, che vi dimorò come cappellano e rettore della Chiesa fino al 1904, anno in cui morì.
La Chiesa fu sempre officiata, anche durante l'assenza dei frati; e la devozione a S. Antonio non venne mai meno nel popolo, che non cessò di adoperarsi per il ritorno dei Cappuccini.


Il ritorno dei frati

I moresi non si limitarono a coltivare il desiderio santo di riavere i Cappuccini nel loro paese, ma agirono attivamente per vedere quel giorno. Fu costituito un apposito Comitato, il cui primo presidente fu Salvatore Pischedda (morto il 16.9.1935), e in un secondo tempo il Cav. Gavino Mulas, e collaboratori furono Agostino Deroma, Salvatore Pirisi, Matteo Demartis, Angelo Casu, Giovanni Chighine e Antonio Mossa.
Questi signori, amici e benefattori dei Cappuccini, raccolsero tra la popolazione la somma necessaria a riparare i fabbricati cadenti, a cominciare dalla Chiesa, e reperirono manodopera, lavorando essi stessi.
Fu superato anche un altro problema: quello della nuova caserma, perché i Carabinieri potessero lasciare libero il convento. Grandi furono i sacrifici a cui si obbligarono i moresi, per costruirla! Infine, il desiderio, per la seconda volta, divenne realtà. Infatti, il 15 ottobre 1938 i Cappuccini rientrarono nel convento di Mores. “Alle ore 17.00leggiamo su Voce Serafica di dicembre del 1938 - entrava la nuova comunità cappuccina, formata dal P. Angelo da Dolianova, Presidente, dal P. Corrado da Gonnesa insieme ai fratelli laici Fra Paolo da Alghero e Fra Felice da Fordongianus accompagnati da tutti i religiosi del convento di Sassari”. Erano presenti tutte le autorità religiose, politiche e militari, le confraternite, le associazioni, l'Asilo, il Terz'Ordine Francescano.
La presentazione ufficiale fu fatta dal Canonico di Ozieri Mons. Ferralis, invitato dal Comitato, e dal P. Ambrogio da Sassari, delegato del Provinciale dei Cappuccini, P. Stanislao da Fiuggi, della Provincia Romana, alla quale allora i Cappuccini sardi appartenevano. Dopo la solenne benedizione eucaristica, il nuovo superiore del convento, P. Angelo da Dolianova, ringraziò tutti.
Domenica 16 ottobre, cioè il giorno successivo all’arrivo dei frati, fu celebrata la festa di S. Francesco “volendo principiare così la missione della nuova famiglia Francescana”. Alle 10.30 si celebrò la messa solenne e dopo il vangelo tenne il panegirico del Santo, suscitando la commozione generale, il canonico Mons. Ferralis. Nel pomeriggio ebbe luogo la processione per tutte le vie del paese e la partecipazione di tutto il popolo. “Al ritorno in chiesa – leggiamo nella cronaca di Voce Seraficail Padre Superiore P. Angelo da Dolianova dava la solenne benedizione e l’assoluzione con l’indulgenza plenaria, ringraziando tutto il popolo della solenne manifestazione di fede e di amore che avevano dimostrato per la circostanza.”.
Leggiamo ancora: “P. Ambrogio da Sassari, che aveva espletato tutte le pratiche per l’apertura del convento, prese parte attivissima perché tutto riuscisse bene per la solenne circostanza. A lui erano rivolti tutti i sensi di gratitudine da parte di tutti i membri del comitato, ed in particolar modo dal Terz’Ordine Francescano locale, la di cui ministra, Sig.a Chessa Antonina e la Sig.a Salis M. Angela si erano consacrate con tanto amore e sacrificio per ottenere che l’accoglienza dei padri fosse fatta colla maggior solennità possibile, procurando tutto il necessario per l’abitazione dei Religiosi.”
Su Voce Serafica di agosto 1939 troviamo la cronaca dettagliata della visita in Sardegna del Ministro Provinciale P. Stanislao da Fiuggi, corredata da una foto che lo ritrae in veste di Grande Ufficiale con tanto di fascia tricolore e numerose onorificenze sul petto. Tra i luoghi visitati ci fu anche Mores, dove giunse il 30 giugno. Grande fu ovviamente l’accoglienza da parte di tutti. Celebrò una messa solenne e dopo il Vangelo tenne l’omelia e disse, tra le altre cose, che “aveva fatto di tutto per riaprire il nostro convento al culto dei fedeli, e che aveva mandato i suoi religiosi per fare il bene nella nostra popolazione: toccava a noi ora trattarli bene, saperceli mantenere e soccorrerli in tutti i loro bisogni”. E si può dire che in effetti i moresi tennero fede a questo impegno: non faranno mai mancare nulla ai loro frati. Ogni volta che questi chiederanno loro l’aiuto per realizzare qualche opera, troveranno sempre la collaborazione della gente.
Del periodo della guerra non abbiamo informazioni particolari e perciò dobbiamo ritenere che i frati non ebbero a subire gravi inconvenienti dalle vicende belliche: forse anche loro provarono qualche volta gli stimoli della fame…
Comunque risalgono a quegli anni alcuni avvenimenti annotati su Voce Serafica. Eccoli: nel 1940 fu inaugurata la nuova Via Crucis (quella precedente l’attuale della Canu). Nel 1941 P. Serafino da Oristano fu nominato nuovo guardiano (succedeva a P. Angelo da Dolianova). In quello stesso anno, il 25 aprile, ci fu la visita del nuovo Ministro Provinciale, P. Ottavio d’Alatri. All’anno successivo risale l’inaugurazione del nuovo salone dell’Terz’ordine francescano. Nel 1947, quando ormai la guerra era terminata, fu costituito un comitato per portare a termine il restauro del convento. Ne fu promotore P. Luciano da Mores.
Grazie a questi lavori di restauro, fu possibile avviare, di lì a qualche anno, alcune nuove attività.  Dal 1953 al 1958, su iniziativa di P. Eusebio Cirronis da Mogoro, allora assistente dell’OFS regionale, il convento venne utilizzato come luogo di vacanze (“colonia”) per bambini.
Poi la svolta: dal 1959 il convento diventa sede del noviziato (e lo sarà fino al 1979), quando il 16 settembre, a Mores, emisero i voti semplici gli ultimi novizi.
Nei venti anni del Noviziato di Mores (1959-1979) emisero i voti semplici, stando ai registri di professione, almeno 42 novizi. Degli altri novizi che non portarono a termine il noviziato, non abbiamo riscontri precisi.

L’anno successivo, nel 1980, i novizi vengono inviati a Rieti. Nel 1983 si cambia ancora la sede del Noviziato: da Rieti a Lovere, nella Provincia Lombarda. E qui resteranno fino al settembre del 2008 (in totale 25 anni). Da questo anno in poi i novizi andranno a Camerino, nelle Marche, che è tuttora la sede del noviziato interprovinciale del centro Italia.
Negli anni ’80 il convento di Mores diventa sede del postulato. Per qualche tempo ospiterà il postnoviziato per ritornare di nuovo sede dei postulanti. Da quest’anno (2015) sarà una delle due sedi interprovinciali del postulato.
 Padre Lorenzo Cabiddu ha scritto che “negli anni settanta, quasi tutti i locali del convento hanno beneficiato di una radicale ristrutturazione e di un più razionale restauro…” È stata generalmente conservata l’antica struttura ed è stato fatto qualche ampliamento (notevole il nuovo salone della biblioteca, ottenuto dalla sopraelevazione sull’ampio salone preesistente destinato alle riunioni del Terz’Ordine e ad altre attività sociali e culturali). Più recente è la ricostruzione del chiostrino della porta d’ingresso. L’ultima realizzazione è stata una foresteria esterna al convento, per l’ospitalità occasionale.

*

Il terzo centenario del convento di Mores coincide anche con l’anno dedicato alla Vita Consacrata. Tra gli obiettivi che Papa Francesco ha indicato nella sua Lettera Apostolica sulla vita consacrata 10, c’è questo: che ogni famiglia religiosa ricordi i suoi inizi e il suo sviluppo storico per ringraziare Dio. “Narrare la propria storia è rendere lode a Dio e ringraziarlo per tutti i suoi doni”. È quello che sta facendo il convento di Mores..
Papa Francesco ricorda altresì l’importanza del rinnovamento voluto dal Concilio Vaticano II e rivolge l’invito a guardare al futuro con speranza. La speranza di cui parliamo non si fonda sui numeri o sulle opere, ma su Colui nel quale abbiamo posto la nostra fiducia (cfr 2 Tm 1,12) e per il quale «nulla è impossibile» (Lc 1,37).
È questa la speranza che non delude e che permetterà alla vita consacrata di continuare a scrivere una grande storia nel futuro, al quale dobbiamo tenere rivolto lo sguardo, coscienti che è verso di esso che ci spinge lo Spirito Santo per continuare a fare con noi grandi cose.



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