Le note tipiche della Quaresima francescana
Le note tipiche
della Quaresima francescana
Quali sono le note tipiche della quaresima francescana?
Eccole:
a) anzitutto la mortificazione.
San Francesco mortifica la propria carne non per odio ma per amore. Portare la
propria natura, con i digiuni e le veglie prolungate, dall’animalità alla
spiritualità, vuol dire amarla nella maniera più vera. Questa visione della
mortificazione-amore è così vera che il Poverello, quando prese coscienza che
l’obiettivo della trasformazione era raggiunto, fece pace con la propria carne:
«Rallegrati, frate corpo, e perdonami;
ecco, ora sono pronto a soddisfare i tuoi desideri, mi accingo volentieri a
dare ascolto ai tuoi lamenti».
b) il deserto.
Francesco aveva compreso che Dio, quando vuole parlare personalmente con
qualcuno, lo chiama nel deserto. Per questo motivo, durante le quaresime, egli
si sottraeva a tutto e a tutti, si rifugiava nelle selve, nelle gole dei monti,
nei luoghi più impervi per occuparsi solo di Dio e passava il suo tempo in una preghiera quasi ininterrotta. Dio, con
le sue supreme esigenze, lo attirava a sé, gli faceva dimenticare ogni altro
impegno con gli uomini. L’episodio di Greccio è significativo. Due frati di
vita santa vennero all’eremo di Greccio per vedere il Santo e riceverne la
benedizione; non trovandolo, perché si era ritirato dal luogo comune nella sua
capannuccia, «presero la via del ritorno
afflitti. Accortosi Francesco e chiamatili ad alta voce, i frati si voltarono
verso di lui, ed egli tracciando un segno di croce li benedisse riempiendoli di
consolazione» (2 Cel. 45 : 631).
c) la povertà.
Distaccato dagli uomini, il Poverello voleva essere distaccato anche dal
possesso delle cose. Nei luoghi dove attuava le sue quaresime — più che nelle
altre dimore — voleva che regnasse sovrana madonna povertà. Voleva che nessun
pensiero terreno, nessuna preoccupazione lo trattenesse nel suo slancio
contemplativo.
d) bellezza e gioia delle
creature. L’ amore di San Francesco per la povertà non gli impediva di
ammirare ed amare tutte le creature di Dio. Spoglio di ogni cupidigia, era
nella condizione più adatta per raccogliere la voce delle creature e innalzarla
con Cristo a Dio Padre. Per questo motivo, per attuare le sue quaresime,
sceglieva luoghi nei quali il verde delle selve, la verità delle erbe e dei
fiori, il canto degli uccelli, la vastità del panorama facilitassero i suoi
slanci contemplativi e incorniciassero in un alone di gioia i suoi digiuni e le
sue mortificazioni. Tra gli episodi più significativi riferiamo quello che
avvenne alla Verna, quando San Francesco vi giunse per la prima volta: «Quando il padre pietoso arrivò all’eremo
della Verna, per celebrarvi la quaresima in onore dell’arcangelo Michele,
uccelli di varia specie incominciarono a tesser voli intorno alla sua celluzza,
con sonori concenti e gesti di letizia, quasi volessero mostrare la loro gioia
per il suo arrivo e invitarlo e lusingarlo a rimanere. A questo spettacolo, il
Santo disse al compagno: «Vedo, fratello, che è volere di Dio che noi ci
tratteniamo un po'di tempo qui: tanto i nostri fratelli uccelletti sono
contenti per la nostra presenza». Durante
il suo soggiorno lassù, un falco, che proprio lì aveva il suo nido, gli si legò
con patto di intensa amicizia. Durante la notte, anticipava sempre col suono
del suo canto, l’ora in cui il Santo aveva l’abitudine di alzarsi per l’ufficio
divino. Ciò riusciva assai gradito al servo di Dio, perché quel gran darsi da
fare del falco là intorno, scacciava da lui ogni torpore ed ogni pigrizia.
Quando, però, il servo di Cristo sentiva più del solito il peso della malattia,
il falcone lo risparmiava e non suonava la sveglia così a puntino: quasi
ammaestrato da Dio, faceva squillare la campanella della sua voce solo sul far
dell’alba. Sembra proprio che l’esultanza esibita dagli uccelli di così varia
specie e il canto del falcone fossero un presagio divino. Difatti proprio in
quel luogo e in quel tempo il cantore e adoratore di Dio, librandosi sulle ali
della contemplazione, avrebbe raggiunto le altezze supreme della contemplazione
per l’apparizione del Serafico.» (LegM 8, 10 : 1157-1 158)
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