La Chiesa: dal “collasso morale” alla risurrezione

Le riflessioni di Joseph Ratzinger nella sua recente pubblicazione

La Chiesa: dal “collasso morale” alla risurrezione

di Tarcisio Mascia


Era il luglio 1990, qualche giorno prima dell’inizio della prima Guerra del Golfo. Mi trovavo in quei giorni in California presso alcuni amici, e un giorno fui colpito dal titolo di un giornale – forse si trattava del New York Times – riguardante gli abusi sessuali del clero americano. Ne rimasi impressionato in cuor mio: era la prima volta che leggevo una notizia di questo genere. D’allora in poi questo genere di notizie sarebbero diventate sempre più frequenti sui media e nel dibattito ecclesiale.
Sul tema degli abusi e la protezione dei minori c’è stato in Vaticano, nello scorso febbraio, una specie di sinodo a livello mondiale, nel quale tutti hanno potuto ascoltare, discutere, riflettere e avanzare proposte per porvi rimedio.
Su questi temi è ritornato nei giorni scorsi il Papa emerito Ioseph Ratzinger con un suo testo di diciotto pagine, pubblicato sulla rivista tedesca Klerusblatt. Il Corriere della Sera ne ha avuto il documento in esclusiva e l’ha pubblicato con grande rilievo con il commento di Massimo Franco. Il quale l’ha definito “un pugno sullo stomaco”, mentre Vatican News nella sua sintesi del documento ne indica il messaggio e l’auspicio: “Tornare a Dio per superare la crisi degli abusi”.
C’è un’espressione – scrive Massimo Franco – che ricorre spesso nelle riflessioni di Ratzinger: “collasso morale”, che egli fa risalire alla seconda metà degli Anni Sessanta del secolo scorso, più precisamente alla rivoluzione del 1968. “Mi sono sempre chiesto – annota il Papa emerito – come in questa situazione i giovani potessero andare verso il sacerdozio e accettarlo con tutte le sue conseguenze. Il diffuso collasso delle vocazioni sacerdotali in quegli anni e l’enorme numero di dimissioni dallo stato ecclesiastico furono conseguenza di tutti questi processi”.
E il collasso interessò anche la teologia morale cattolica, relativizzando questa ogni valore e ogni distinzione tra il bene e il male oppure soffermandosi su questioni piuttosto marginali, che allora potevano apparire preminenti. La Chiesa americana in quegli si perdeva in accese polemiche sulla liceità della guerra nucleare, dimenticando il suo dovere di annunciare e mettere in pratica il vangelo nella vita di tutti i giorni.
Ratzinger si sofferma poi sulla protesta contro il magistero della Chiesa dei 15 teologi cattolici, nella dichiarazione di Colonia del 1989, alla quale diede una risposta l’enciclica Veritatis splendor (1993) di Papa Giovanni Paolo II.
Lo sguardo di Benedetto – osserva ancora Massimo Franco – è puntato soprattutto sulla Germania come laboratorio di una trasgressione progressiva. Ma di lì spazia sugli Stati Uniti e abbraccia in una visione pessimistica, quasi apocalittica, l’intero Occidente... In quel periodo si radicò l’idea che non esistesse più il bene “ma solo ciò che sul momento e a seconda delle circostanze è relativamente meglio”.
Entrando nel concreto, l’Autore parla di “club omosessuali” che si formarono in molti seminari; di vescovi che rifiutavano la tradizione cattolica, e non solo negli Stati Uniti, in nome di “una specie di moderna cattolicità”. Aggiunge che in alcuni seminari, “studenti sorpresi a leggere i miei libri venivano ritenuti non idonei al sacerdozio.”

La risposta della Chiesa agli abusi

Benedetto XVI sottolinea che la questione della pedofilia, per quanto lui ricordi, “è divenuta scottante solo nella seconda metà degli anni ‘80” e in un primo momento fu affrontata in modo blando e con lentezza, garantendo in particolare i diritti degli accusati, rendendo quasi impossibili le condanne. Per questo, concorda con Giovanni Paolo II sull’opportunità di attribuire la competenza degli abusi sui minori alla Congregazione per la Dottrina della Fede, in modo da “poter legittimamente comminare la pena massima”, attraverso “un vero processo penale”: la dimissione dallo stato clericale. Tuttavia si verificavano dei ritardi che “dovevano essere evitati”. Per questo - ha osservato - “Papa Francesco ha intrapreso ulteriori riforme”.

Combattere il male abbandonandosi all'amore di Dio

La Chiesa oggi è percepita come un apparato politico: “di essa si parla solo utilizzando categorie politiche e questo vale perfino per dei vescovi, che formulano la loro idea sulla Chiesa di domani in larga misura quasi esclusivamente in termini politici. La crisi causata da molti casi di abuso ad opera di sacerdoti spinge a considerare la Chiesa addirittura qualcosa di malriuscito che dobbiamo prendere per mano noi stessi.” Ma secondo Ratzinger si tratta di un’illusione, di una “proposta del diavolo”. A suo avviso non esiste “una Chiesa migliore creata da noi stessi”. E aggiunge che “bisogna contrapporre alle menzogne e alle mezze verità del diavolo tutta la verità: sì, il peccato e il male nella Chiesa ci sono... ma anche oggi c’è pure la Chiesa santa che è indistruttibile. La Chiesa di oggi è come non mai una Chiesa di martiri...”

Nella terza parte del testo, Benedetto XVI si chiede quali siano le risposte giuste della Chiesa. “L’antidoto al male che minaccia noi e il mondo intero - afferma - ultimamente non può che consistere nel fatto che ci abbandoniamo” all’amore di Dio: “Questo è il vero antidoto al male”. “Un mondo senza Dio non può essere altro che un mondo senza senso”, in cui non ci sono più “i criteri del bene e del male” ma solo la legge del più forte: “Il potere diviene allora l’unico principio. La verità non conta, anzi in realtà non esiste”. Forte l’accusa alla società occidentale “nella quale Dio nella sfera pubblica è assente e per la quale non ha più nulla da dire. E per questo è una società nella quale si perde sempre più il criterio e la misura dell’umano” e può diventare “ovvio quel che è male e distrugge l’uomo”, come il caso della pedofilia: “Teorizzata, ancora non tanto tempo fa, come del tutto giusta, essa si è diffusa sempre più”. La risposta a tutto questo - scrive - è tornare “di nuovo a imparare a riconoscere Dio come fondamento della nostra vita”.

In questa prospettiva di ritorno a Dio, il Papa Emerito parla anche della necessità di rinnovare la fede nell’Eucaristia, spesso declassata a “gesto cerimoniale” che distrugge “la grandezza del mistero” della morte e risurrezione di Cristo. Occorre invece “comprendere nuovamente la grandezza della sua passione, del suo sacrificio. E dobbiamo fare di tutto per proteggere dall’abuso il dono della Santa Eucaristia”.

La luce di Dio non è tramontata

 

Alla fine del testo, Josepf Ratzinger osserva che “vedere e trovare la Chiesa viva è un compito meraviglioso che rafforza noi stessi e che sempre di nuovo ci fa essere lieti della fede”. E conclude esprimendo la sua gratitudine a Papa Francesco, come aveva fatto all’inizio del testo, per quanto sta facendo per mostrare a tutti che la luce di Dio anche oggi non è tramontata: “Grazie, Santo Padre!”.





Commenti

Post popolari in questo blog

Il Cantico di frate Sole ottocento anni dopo

Padre Atanasio Piras da Quartu Sant’Elena - Ricordo di un grande studioso

Ricordo di Padre Bonaventura Margiani da Mogoro (1930-20005)