Amazzonia e Sardegna, due terre da difendere
Amazzonia e Sardegna, due terre da difendere
di Tarcisio Mascia
Domenica
scorsa, 25 agosto, Papa Francesco ha rivolto alla comunità internazionale un
forte appello a fermare al più presto gli incendi che devastano l’Amazzonia. “Siamo tutti preoccupati – ha detto il Papa -
per i vasti incendi che si sono sviluppati in Amazzonia. Preghiamo perché, con
l’impegno di tutti, siano domati al più presto. Quel polmone di foreste è
vitale per il nostro pianeta.”
L’appello è
certamente giustificato, data la gravità del fenomeno: si pensi che è coinvolta
un’area di 2250 chilometri quadrati. E
sono colpiti, oltre al Brasile, la Bolivia e il Paraguay.
Il dramma ambientale, che avrà delle enormi
ripercussioni sull’intero ecosistema mondiale, ha sollecitato, oltre alla
reazione di Papa Francesco, quella di molti capi di stato e di governo e ha
dato il via alla mobilitazione internazionale di cittadini, scesi in strada
contro il presidente brasiliano Bolsonaro che accusa gli stati limitrofi di
“indifferenza”, fino ad arrivare ieri a Biarritz, in Francia sul tavolo del G7,
che potrebbe prevedere sanzioni internazionali contro il Brasile. Secondo
alcuni servizi di informazione, da gennaio ad oggi, nella foresta pluviale ci
sono stati 72 mila roghi con un aumento dell’84% rispetto a quelli del
2018. La causa principale, all’origine degli incendi, sembra essere sempre la
deforestazione, per cui comunemente è impiegato l’uso del fuoco per ricavare il
più velocemente possibile campi coltivabili.
Anche i vescovi latinoamericani hanno
richiamato l’attenzione di tutti sull’allarmante situazione: “E’ urgente - si legge in una nota - che i governi dei Paesi amazzonici,
specialmente il Brasile, adottino provvedimenti seri per salvare una regione
determinante per l'equilibrio ecologico del pianeta. Non è più il momento
dell’irrazionalità e delle divagazioni nei giudizi e nelle parole”.
Come è noto, l’Amazzonia è considerata il
polmone del mondo, che da solo produce il 20% dell’ossigeno del pianeta e il
10% della biodiversità, e svolge un fondamentale ruolo di contrasto al
riscaldamento globale.
La chiesa celebrerà prosimamente un sinodo
speciale per la regione amazzonica. Esso si impegnerà ad aiutare a risanare le
violazioni in una parte del mondo dove le conseguenze delle idee errate e delle
pratiche dannose hanno esiti particolarmente seri. È arrivato il momento in cui
la Chiesa si confronti con questa problematica. Per questo, nel tema del
Sinodo, troviamo le parole «Nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia
integrale», e il titolo dell’ultimo capitolo dell’IL (Instrumentum laboris) è «Il
ruolo profetico della Chiesa e la promozione umana integrale».
L’Amazzonia è una terra disputata su più fronti, col seguito
di minacce alle popolazioni indigene, davanti alle quali la Chiesa non può
tacere. Un appello mondiale rivolto al Presidente Bolsonaro sta sollecitando
il sostegno del mondo intero perché si arrivi a bloccare il disastro.
Dall’Amazzonia alla Sardegna
La
tragedia dell’Amazzonia non può far dimenticare quella degli incendi in
Sardegna, che quest’anno ha raggiunto il triste primato di 1900, cioè 900 roghi
in più della scorsa stagione. In un servizio de La Nuova Sardegna leggiamo: “È una lotta quotidiana, incessante. L'isola brucia, da nord a
sud, quasi sempre con più roghi contemporaneamente. Spesso si viaggia a doppia
cifra, come accaduto negli ultimi due giorni: 11 incendi nella giornata di
ferragosto, alcuni dei quali partiti la sera prima, altrettanti ieri, quando
soltanto dopo le 13 le forze aeree e i mezzi a terra sono riusciti a domare le
fiamme che da 24 ore stavano devastando il territorio di Pula. È una estate
durissima per la macchina antincendio regionale, perché i roghi sono molto più
numerosi rispetto alla stagione passata: alla data del 15 agosto 2018 si erano
verificati 1016 incendi, quest'anno la conta è già arrivata a 1902. E tra
questi, molti sono dolosi. Ne sono convinti gli investigatori, per via che
nelle stesse località scoppiano diversi roghi in più punti, come se ci fosse la
volontà criminale di mettere in difficoltà la macchina antincendio.” (17 agosto
2019).
Fino ad alcuni anni fa si aveva l’impressione che la Sardegna
fosse guarita da alcune piaghe endemiche, quali il banditismo con i relativi
sequestri, e gli incendi. Della prima si può anche confermare la guarigione.
Della seconda, invece no. Si pensava in passato che il rafforzamento del corpo
forestale, la dotazione di canadair ed elicotteri per spegnere gli incendi
bastassero a impedire i roghi. Ma non è stato così. Purtroppo. E non sappiamo
cosa sia necessario fare per impedire gli incendi. A questo punto si dovrebbe
concludere che i piromani siano ovunque. Forse bisognerebbe tenere
permanentemente sotto controllo tutto il territorio dell’Isola. Ma non è
facile.
Le foreste demaniali in Sardegna sono pari a 87000 ettari,
superficie che è certamente di gran lunga inferiore a quella della foresta
amazzonica (oltre 7.000.000 di chilometri quadrati). E tuttavia gli incendi
sono sempre una distruzione della vita sul pianeta, dovunque essi avvengano.
Gli alberi costituiscono una parte importante del paesaggio: distruggerli
significa perdere anche parte della nostra storia.
Ricordo che quando, da bambino, frequentavo la scuola
elementare – eravamo negli anni cinquanta – si celebrava ogni anno la festa
degli alberi e noi bambini si andava a Monte Urpinu, dove ciascuno piantava un
albero. Era un modo simpatico per diffondere nelle nuove generazoni il rispetto
della natura e l’amore agli alberi. Purtroppo la nostra bella isola ha perduto
in gran parte, proprio a causa degli incendi, gran parte del suo manto verde,
che è rimasto ormai solo nell’Ogliastra. Sappiamo che ci sono state anche
politiche dissennate che hanno favorito il disboscamento delle nostre campagne.
Quando nell’Ottocento si costruiva la rete ferroviaria della penisola, per
costruire le traversine dei binari si disboscavano le foreste di querce della
Sardegna. È così che l’Isola ha perduto il suo vestito più bello. E non ha
avuto neppure la ferrovia che avrebbe meritato (quella che ha è indegna di un
paese civile).
San Francesco, scriveva il papa nella sua enciclica “Laudato
si”, “guardava il sole, la luna, gli
animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode
tutte le creature. Egli entrava in comunicazione con tutto il creato, e
predicava persino ai fiori e li invitava a lodare e amare Iddio, come esseri
dotati di ragione.” Noi non sappiamo più stupirci davanti alle sorelle
creature e non sappiamo cantare, perciò non siamo più capaci di rispettarle e
di custodirle.
Dal 1° settembre al 4 ottobre prossimi sarà celebrata la
stagione mondiale di preghiera per la Creazione. Papa Francesco ha invitato per
la prima volta tutti i leaders delle chiese a unirsi in preghiera per la
Creazione. Anche noi ci uniamo alla preghiera del mondo intero.
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