Il posto dei religiosi nella Chiesa locale
Il posto dei religiosi nella
Chiesa locale
di P.
Tarcisio Mascia
La vita religiosa o, meglio, la vita consacrata è un miracolo della
Grazia del Signore, che da sempre sa fare cose grandi nelle sue creature.
Essere “consacrati” significa essere messi da parte per appartenere solo a Dio.
Questo l’avevano capito già le prime generazioni cristiane. I primi tre secoli
sono detti i “secoli dei martiri” perché i cristiani più generosi amavano tanto
il Signore da dare la vita per lui. Finite le persecuzioni, non vennero meno
coloro che per amore a Dio abbandonavano tutto per condurre una vita di
preghiera e di penitenza. Nasceva quel fenomeno straordinario che fu il
monachesimo: dall’Oriente all’Occidente, migliaia di persone si ritiravano
fuori dalle città per vivere in luoghi solitari, dediti alla preghiera e al
lavoro. Sappiamo che in Egitto nel III sec. c’erano almeno due milioni di
monaci. Successivamente troviamo migliaia di monaci nel deserto di Giuda:
almeno cinque mila monaci popolavano le “laure”, realizzando una forma di vita
cenobitica singolare. La loro presenza fece fiorire il deserto. Altrettanto si
può dire di altre forme di vita monastica che caratterizzarono il vicino
Oriente. In Occidente con San Benedetto nasce una nuova forma di monachesimo:
il suo “ora et labora” feconderà il cristianesimo occidentale, unendo preghiera
e lavoro e suscitando la rinascita del continente sul piano sociale, culturale
ed ecclesiale.
Poi sarà il momento degli ordini mendicanti (francescani, domenicani e
carmelitani): con loro la vita consacrata non sarà più vincolata a un
territorio particolare o a una forma rigida di organizzazione monastica, ma
sarà aperta al mondo per annunciare il Vangelo ovunque, coniugando
contemplazione e azione, povertà e semplicità di vita. Agli ordini mendicanti
seguiranno le nuove forme di vita consacrata successive al Concilio di Trento:
i nuovi istituti religiosi si dedicheranno alla riforma ecclesiale e al
recupero dei territori invasi dalla Riforma Protestante. Successivamente la
vita consacrata dovrà misurarsi con l’epoca dei lumi e con tutti i movimenti anticlericali,
tendenti a distruggere la Chiesa e più in generale la religione ma soprattutto
gli ordini religiosi. Oggi il secolarismo mira a cancellare ogni traccia della
religione cristiana dal continente europeo. La vita consacrata, e gli istituti
religiosi in particolare, sono chiamati a rinnovare l’annuncio del vangelo in
forme e maniere nuove, non legate necessariamente alle strutture organizzative
delle diocesi.
Venendo ora tema (“Qual è il posto dei religiosi nella Chiesa locale”)
sarei tentato di dire che i religiosi nelle diocesi non hanno una collocazione
speciale, salvo quella di testimoniare il proprio carisma ed eventualmente, per
particolari ragioni od emergenze, svolgere anche una funzione di supplenza
laddove la chiesa locale ne abbia bisogno. Noi religiosi non dovremmo ambire ad
occupare posti speciali nelle diocesi o nelle parrocchie. Questi spettano a
coloro che sono inseriti nell’organigramma delle diocesi e che sono gli
appartenenti al clero diocesano.
Anche in Sardegna ci sono, e non da oggi, i religiosi. Secondo le
statistiche ufficiali I sacerdoti religiosi presenti nell’Isola sono 260, ai
quali vanno aggiunti i religiosi non sacerdoti e si arriva grosso modo a 300.
Qual è il loro posto nella Chiesa sarda? Pur essendo loro affidate delle
parrocchie o degli uffici particolari (docenti di religione, cappellani negli
ospedali o in altre strutture simili), si tratta pur sempre di servizi di
supplenza (sono chiamati cioè a dare una mano al clero diocesano laddove questi
non è in grado di farlo per scarsità di numero o per altre ragioni). I
religiosi, diceva una vescovo qualche decennio fa, sono una triste necessità!
Una battuta infelice certo, ma esprime un frequente atteggiamento del clero
diocesano nei confronti dei religiosi e fonte nel passato di attriti e
incomprensioni. Oggi, grazie a Dio, c’è un rapporto più sereno e più
rispettoso.
La Chiesa locale, oltre ad avere un debito storico nei confronti dei
religiosi che in tanti modi hanno promosso la crescita spirituale e sociale del
popolo di Dio, deve apprezzare e promuovere la vita consacrata, che ha il
compito di testimoniare il Regno di Dio già presente in questa nostra terra.
Spesso presenti all’ombra dei santuari, essi curano la vita spirituale e
sacramentale dei fedeli, dedicano gran parte del loro tempo alla preghiera, al
lavoro e, se sacerdoti, all’esercizio del ministero pastorale. Non hanno
bisogno, i religiosi, di una collocazione particolare, né di prebende da parte
delle diocesi; non contendono onorificenze né gratificazioni da parte del
governo ecclesiale; ci basta essere stati chiamati da Gesù alla sua sequela per
stare in disparte con Lui, nel silenzio e nella preghiera, dove e come egli ci
vuole.
Orat et laborat
RispondiEliminaLa Chiesa locale, oltre ad avere un debito storico nei confronti dei religiosi che in tanti modi hanno promosso la crescita spirituale e sociale del popolo di Dio, deve apprezzare e promuovere la vita consacrata, che ha il compito di testimoniare il Regno di Dio già presente in questa nostra terra.
RispondiElimina