Pietro, le folle e la pandemia
Pietro, le folle e la pandemia
In questo tempo pasquale siamo soliti leggere in prima lettura il libro degli Atti degli Apostoli, che ci racconta la storia della prima comunità cristiana, gli inizi del tempo della Chiesa. Troviamo nella prima parte degli Atti l’apostolo Pietro, che, circondato da una folla sempre crescente di nuovi discepoli, annuncia a tutti l’evento della Risurrezione di Gesù, del quale egli è testimone assieme agli altri apostoli. La folla ascolta con attenzione e con gioia le sue parole, si lascia guidare dai suoi insegnamenti, sostenuta dallo Spirito sceso a Pentecoste su di lui e sugli altri discepoli.
Questa folla di gente anonima e di ogni provenienza sarà sempre presente attorno a Pietro per ascoltarne le parole e ricevere il conforto della sua benedizione, poiché vede in lui il primo degli Apostoli, colui al quale Gesù ha affidato le “chiavi del Regno dei Cieli” e sul quale, come su una roccia, ha fondato la sua Chiesa.
Non fa meraviglia dunque se questa folla è sempre presente intorno a Pietro, in particolare in certe circostanze speciali per essere da lui confermata nella fede in Gesù Risorto. E la folla talvolta lungo i secoli ha fatto sentire la sua voce, in occasione per esempio dei Concili. Nel 431 a Efeso la folla “assediò” i Padri conciliari perché alla Vergine Maria fosse riconosciuto il suo ruolo e la sua dignità di “Madre di Dio” (Theotokos). E più ancora l’8 dicembre 1854 la troviamo nella Basilica di San Pietro in una giornata grigia quando Pio IX si accingeva a proclamare come verità di fede l’Immacolata Concezione di Maria. E lo sarà ancora in occasione dell’ultimo Concilio.
Ma all’inizio del XX secolo stava avvenendo qualcosa di straordinario sul piano della comunicazione: nascevano i nuovi mezzi di comunicazione (radio, telefono, televisione), che avrebbero permesso di superare le distanze geografiche fra gli uomini e fra i popoli. I Papi intuirono l’importanza e l’utilità di questi mezzi e li usarono in funzione dell’annuncio del Vangelo a tutti i popoli del mondo. Pio XII ne avvertì subito l’importanza e se ne servì largamente con i suoi Radiomessaggi, rivolti a tutto il mondo e ascoltati con grande attenzione soprattutto negli anni della Seconda Guerra mondiale. La sua parola aveva ormai come platea non soltanto Piazza San Pietro ma tutto il pianeta. Quella folla era il mondo. Tuttavia è sempre da quella piazza, divenuta centro della Cristianità e del mondo, che Pietro rivolge la sua Parola a Roma e al mondo, in particolare in alcune circostanze speciali, come a Pasqua e a Natale. In quella piazza le folle attendono l’annuncio del nuovo papa, qui danno l’ultimo saluto al pontefice che lascia la scena di questo mondo, qui convengono i pellegrini per inginocchiarsi sulla tomba di Pietro o in occasione degli anni giubilari. Insomma il rapporto tra Pietro e le folle non si è mai interrotto. Pensiamo alle folle degli ultimi pontificati: quelle che acclamarono Pio XII alla fine della guerra o quelle che salutarono con grande affetto Giovanni XXIII, e poi Paolo VI nel periodo conciliare, quindi le folle oceaniche che acclamavano in tutti i paesi del mondo il grande papa Giovanni Paolo II, e dopo di lui Benedetto XVI e oggi Papa Francesco.
Tuttavia qualcosa di nuovo è accaduto di recente. La pandemia ha fermato la circolazione delle persone e ha sottratto al Papa la folla dei fedeli, che abitualmente accorrevano a Roma per partecipare alle celebrazioni quaresimali e pasquali. Ma non per questo Papa Francesco si è lasciato scoraggiare. Al contrario. Egli ha esemplarmente rispettato i divieti di assembramento e, nello stesso tempo, ha dato voce a questa umanità muta nel suo dolore, ha raccolto i gemiti dei sofferenti, ha esaltato il sacrificio di quanti hanno dato la vita per curare i fratelli malati, ha pregato più volte in una Piazza San Pietro vuota, ha supplicato col cuore straziato il Signore perché fermasse questa pandemia e quell’ecatombe di morti. Da tutti gli angoli del mondo l’abbiamo seguito attraverso le immagini televisive e con lui anche noi abbiamo pianto, abbiamo pregato e supplicato Dio perché esaudisse quelle invocazioni. Il Venerdì Santo Egli ha voluto celebrare ugualmente nella piazza deserta la Via Crucis di questa umanità, sofferente per le tante croci di tante storie diverse e tutte piantate nel cuore di quel Calvario dominato dalla Croce di Gesù. Lui, il Papa, fedele al suo mandato, ha voluto essere lì assieme a Maria, Madre di Gesù, la Mater Dolorosa, per dirLe di intercedere per questi suoi innumerevoli figli tanto provati dalla sofferenza. A Pasqua ha fatto sentire nuovamente la sua voce a tutela dei deboli e sofferenti di tutto il mondo. Alla Veglia della notte ha esortato a guardare al Cristo risorto. “Stanotte - ha detto il Papa - conquistiamo un diritto fondamentale, che non ci sarà tolto: il diritto alla speranza. È una speranza nuova, viva, che viene da Dio. Non è mero ottimismo, non è una pacca sulle spalle o un incoraggiamento di circostanza. È un dono del Cielo, che non potevamo procurarci da soli”. “Tutto andrà bene, diciamo con tenacia in queste settimane - ha continuato Francesco - aggrappandoci alla bellezza della nostra umanità e facendo salire dal cuore parole di incoraggiamento. Ma, con l’andare dei giorni e il crescere dei timori, anche la speranza più audace può evaporare. La speranza di Gesù è diversa. Immette nel cuore la certezza che Dio sa volgere tutto al bene, perché persino dalla tomba fa uscire la vita”. E ancora il giorno di Pasqua, rivolgendosi al mondo intero ha detto: “Per molti è una Pasqua di solitudine, vissuta tra i lutti e i tanti disagi che la pandemia sta provocando, dalle sofferenze fisiche ai problemi economici. Questo morbo non ci ha privato solo degli affetti, ma anche della possibilità di attingere di persona alla consolazione che sgorga dai Sacramenti, specialmente dell’Eucaristia e della Riconciliazione. In molti Paesi non è stato possibile accostarsi ad essi, ma il Signore non ci ha lasciati soli! Rimanendo uniti nella preghiera, siamo certi che Egli ha posto su di noi la sua mano, ripetendoci con forza: non temere!” Ha poi invitato ad allentare le sanzioni internazionali, ha ricordato all’Europa il dovere della solidarietà nei confronti dei paesi maggiormente afflitti dalla pandemia, ha chiesto di fermare i conflitti e il traffico d’armi, ha infine implorato i popoli a non cedere alla dimenticanza delle emergenze, delle guerre, delle carestie, della siccità che invece portano con sé i patimenti di numerose persone rifugiate, sfollate, affamate.
In Papa Francesco, nella sua bianca figura curva come sotto il peso del mondo, ci siamo sentiti tutti rappresentati, anche coloro che più volte nel recente passato l’hanno criticato (e talvolta insultato) a motivo della sua esplicita e forte difesa degli ultimi. La sua voce è risuonata più vera e coerente che mai: le folle del mondo non sono dimenticate. Lui è ancor sempre il padre di tutti e di ciascuno.
Padre Tarcisio Mascia
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