Il futuro possibile dei Religiosi

Il futuro possibile dei Religiosi

 di Padre Tarcisio Marco Mascia


Verso la fine degli anni ’60 il Club di Roma, guidato da Aurelio Peccei, incominciò i suoi studi sui limiti dello sviluppo a livello planetario, teorizzando la necessità che si puntasse ad una crescita demografica dell’umanità pari a zero. Il tema divenne oggetto di tanti studi e di tante riflessioni, suscitando consensi e polemiche a livello mondiale. Da allora le società occidentali incominciarono a orientarsi verso la decrescita demografica. Il dibattito si estese poi a ogni ambito culturale e sociale. I governi hanno fatto il resto. Oggi le preoccupazioni non sono più quelle di una crescita eccessiva e quindi insostenibile, ma il contrario. Soprattutto in Italia l’indice di natalità è quasi pari a zero. Con tutti i problemi che ne conseguono.

Tutto questo per dire che il problema della crisi delle vocazioni ecclesiastiche è prima di tutto condizionato dal problema demografico: se poche sono le nascite, poche saranno anche le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.

La Chiesa e gli ordini religiosi hanno dovuto più volte fare i conti con le vicende storiche che ne hanno ostacolato la crescita o ne hanno decretato la fine per legge. Fu soprattutto la rivoluzione francese e successivamente le soppressioni degli ordini religiosi nei vari paesi, attuate dalle politiche ispirate dalla massoneria, che provocarono, in Europa e nel mondo, il crollo numerico di tante congregazioni religiose. Nei paesi socialisti dell’Est avvenne altrettanto in epoche più recenti.

Su queste pagine si è scritto più volte sull’argomento: si è scritto del crollo dei religiosi in Sardegna, dovuto appunto alla loro forte riduzione numerica. Guardando al futuro, nessuno di noi ha la sfera di cristallo per prevedere cosa succederà alle comunità religiose. Quel che segue indica soltanto ciò che umanamente si può prevedere.

Riconfigurare il territorio. La chiusura di tanti luoghi e di tante strutture è inevitabile e sta già avvenendo sotto i nostri occhi. Quindi occorre rivedere la propria collocazione: dove restare, dove lasciare, dove recidere o ristrutturare, e cosa fare di ciò che si lascia. Occorre cioè riconfigurare il territorio in cui si vuole operare, stabilire una linea di demarcazione entro la quale muoversi con decisione e fermezza.

Riqualificare le proprie presenze. I luoghi scelti per operare devono essere riqualificati, devono cioè diventare centri di richiamo per la vita spirituale dei fedeli presenti nel territorio. I conventi e le case religiose devono rendere possibile un’osmosi tra la vita consacrata e quella laicale. A tal fine sarebbe deleterio chiudersi entro le quattro mura per la paura di affrontare il mondo e le sue tentazioni.

Riaccendere nei cuori dei consacrati la consapevolezza di essere stati chiamati per seguire il Signore e appartenergli totalmente senza riserve e con gioia. Perché tutto ciò sia possibile, i religiosi devono ravvivare il proprio carisma con l’aiuto della Grazia e della preghiera. Importante è anche riandare alle proprie origini rinfrescando la memoria di quanto già in passato il Signore ha operato per mezzo dei loro Padri. Ogni comunità religiosa ha il suo carisma e non c’è futuro se lo si dimentica o se lo si sostituisce con altri.

Ravvivare la fiamma della preghiera: personale e comunitaria, contemplativa e liturgica. Non si prega mai abbastanza per ritenersi dispensati dalla preghiera nelle diverse espressioni.

La vita fraterna: questo deve essere lo stile di ogni famiglia religiosa. Questa è anche la via da percorrere quotidianamente, promovendo relazioni amichevoli e solidali tra i membri che la compongono. Non si può stare insieme senza condividere gioie e dolori, fatiche e speranze. Promuovere il dialogo all’interno e all’esterno della comunità dovrebbe essere un impegno di tutti e di ciascuno, sotto la guida dello Spirito Santo.

Rinnovarsi: il vento del rinnovamento ha soffiato forte nel dopo Concilio. Tutti gli Ordini e le famiglie religiose hanno rinnovato la propria legislazione. La strada è dunque già segnata: bisogna percorrerla con convinzione e di buona lena. È proprio il Concilio che al termine del decreto sulla vita consacrata (Perfectae Caritatis, n. 25) così esorta: “Tutti i religiosi perciò, animati da fede integra, da carità verso Dio e il prossimo, dall’amore alla croce e dalla speranza nella futura gloria, diffondano in tutto il mondo la buona novella di Cristo, in modo che la loro testimonianza sia visibile a tutti e sia glorificato il Padre nostro che è nei cieli” (cfr. Mt 5, 16).
È quanto ci auguriamo tutti per il bene della Chiesa e delle famiglie religiose della Nostra Isola.

Padre Tarcisio Mascia

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