Le cliniche dello Spirito
“Le cliniche dello Spirito”
Alcuni anni fa il Card. Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero, indirizzò una lettera ai rettori dei Santuari di tutto il mondo, indicandoli, secondo l’espressione di Paolo VI, come “le cliniche dello Spirito”, perché essi rappresentano dei luoghi privilegiati in cui l’uomo, pellegrino su questa terra, “fa esperienza della presenza amorevole e salvifica di Dio”. E ancora: “Nel Santuario si trova uno spazio fecondo, lontano dagli affanni quotidiani, ove potersi raccogliere e riacquistare vigore spirituale per riprendere il cammino di fede con maggiore ardore e cercare, trovare e amare Cristo nella vita ordinaria, nel mezzo del mondo.”
Attorno ai Santuari si sviluppa e si nutre gran parte della pietà popolare e pertanto “essi svolgono un ruolo di grande rilievo per la fede, la cultura e l’identità cristiana”, come recita ancora la lettera sopracitata.
I responsabili della pastorale dei Santuari hanno quindi il compito di “istruire i pellegrini sul carattere assolutamente preminente che la celebrazione liturgica deve assumere nella vita di ogni credente.” La lettera sottolinea poi l’importanza della confessione, poiché “il Santuario è pure il luogo della permanente attualizzazione della misericordia di Dio.” Per questa ragione occorre “favorire e dove sia possibile intensificare la presenza costante di sacerdoti che, con animo umile e accogliente, si dedichino generosamente all’ascolto delle confessioni sacramentali”.
Anche ultimamente, in questo tempo di emergenza sanitaria, l’Ufficio della CEI per la Pastorale del Turismo e quello per le Comunicazioni Sociali, hanno scritto un messaggio ai Rettori dei Santuari Italiani, invitandoli a “sintonizzare le voci e i cuori per un’unica grande preghiera per l’Italia e per il mondo”, ricordando che i Santuari sono “clinica dello Spirito”, tempio e immagine della “tenda di Dio con gli uomini” (Ap 21, 3). Per concludere dicendo che “siete voi a dover scoperchiare il tetto e calare ogni uomo e donna davanti al Vivente, perché ascolti gli interrogativi, le sofferenze, le gioie, la quotidianità e il vissuto familiare che ogni persona avrebbe portato con sé varcando la porta del Santuario”.
Qui a Cagliari, dove attualmente mi trovo e dove già in passato ho trascorso diversi anni, ci sono due santuari molto frequentati: il santuario della Beata Vergine di Bonaria, tenuto dai Padri Mercedari, e il piccolo santuario di Sant’Ignazio dei Frati Cappuccini. Non parlerò del primo per ovvie ragioni. Dirò solo del secondo, cioè del piccolo e modesto santuario di Sant’Ignazio, sito sulle pendici del colle di Buoncammino, dove fu fondato nel 1591. All’epoca il convento e la chiesetta, intitolata a Sant’Antonio di Padova, costituivano un luogo isolato, dove la gente si recava solo per le confessioni o la direzione spirituale o per incontrare qualcuno dei religiosi del convento.
Lungo i secoli su quel colle e in quel luogo sono vissuti tanti frati santi, fino a costituire quella che oggi chiameremmo una scuola di santità. Grazie a queste presenze, il luogo è diventato un santuario, frequentato da numerosi pellegrini, desiderosi non solo di invocare l’intercessione di quei frati santi ma anche di rinvigorire la loro vita spirituale sostando in preghiera e in silenzio.
Oggi il Santuario non è più isolato come una volta: se nel secolo scorso era stretto fra Ospizi e istituti (Ciechi, casa di riposo per anziani, albergo del povero, infanzia lieta, sordomuti), oggi, nel nuovo millennio, il luogo ha cambiato volto. Gli ospizi hanno cambiato sede e al loro posto sono arrivati gli istituti universitari e il centro sociale del Comune. Al centro di queste diverse realtà c’è il nostro piccolo santuario, che non è una “clinica specialistica” ma “generalistica”, nel senso che esso è frequentato da gente di ogni provenienza e di ogni categoria sociale. Dire quale sia la categoria più presente non è facile. Tutti si sentono attratti dalla semplicità e dalla modestia e dal silenzio del luogo: anzi molti sentono il bisogno di nascondere il proprio rango sociale, forse per pregare in incognito e indisturbati. Fra i frequentatori del Santuario sono numerosi gli studenti, che non vengono solo nell’imminenza degli esami per invocare un sostegno interessato. Ci sono molti studenti che frequentano settimanalmente il sacramento della confessione e la pratica della direzione spirituale, conducono altresì un’intensa vita di preghiera. C’è da restare davvero edificati al sentire le loro confessioni e il loro impegno per crescere nella fede e nell’amore di Dio. Certo essi sono attirati da alcuni fattori: possono trovare con facilità un confessore che li accoglie e li ascolta; la vicinanza degli istituti universitari alla chiesa facilita loro l’adempimento dei doveri cristiani.
Il Santuario esercita un forte richiamo per le gente di ogni categoria sociale sia della città come anche dei paesi, soprattutto quelli dell’area metropolitana. Si tenga presente che oltre alle ragioni sopraindicate, tutti sono avvantaggiati dal fatto che possono, soprattutto partecipare alle messe, celebrate in pratica a ogni ora della giornata (la domenica si celebrano otto messe e nei giorni feriali quattro).
Il Santuario infine è frequentato anche da numerosi sacerdoti, che vengono per invocare la misericordia di Dio nel sacramento della Riconciliazione. Anche per loro il Santuario è una clinica, dove si può ritrovare un buon tonico per lo Spirito.
Padre Tarcisio Mascia
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