La pandemia e le sue ricadute sulla vita dell’Ordine Cappuccino

                     La pandemia e le sue ricadute sulla vita dell’Ordine Cappuccino

                                                di Padre Tarcisio Marco Mascia



Da quando la pandemia ha incominciato a diffondersi in Italia e nel mondo (si era agli inizi di marzo di quest’anno 2020), la vita delle persone è profondamente cambiata, se non altro per le limitazioni imposte alle relazioni personali. 

Il Papa in un messaggio di appena qualche giorno fa parlava del COVID-19 come di “una bomba” che sta per esplodere, la cui miccia è la miseria; parlava anche di una “catastrofe educativa”, perché siamo di fronte “ai circa dieci milioni di bambini che potrebbero essere costretti a lasciare la scuola a causa della crisi economica generata dal coronavirus, aumentando un divario educativo già allarmante…” 


Anche il nostro Ordine Cappuccino ha pagato un conto molto alto al virus: finora infatti esso ha mietuto tra i frati ben 42 vittime (11 dell’Italia, 6 della Francia, 1 della Spagna, 8 del Canada, 3 degli USA, 4 del Brasile, 2 dell’India, 1 della Polonia, 1 della Svizzera, 1 del Libano, 1 delle Filippine, 1 dell’Olanda, 1 del Nicaragua, 1 dell’Eritrea). Nella statistica è compreso anche il nostro P. Jean-Laurent, che il Signore ha preso con sé il 24 settembre scorso all’età di 49 anni. Dieci di loro erano al di sotto dei 70 anni. La loro appartenenza a 14 nazioni differenti mostra la dimensione internazionale della falcidie causata dal virus. Le province più provate con ben 8 vittime sono state quella veneta e quella del Canada Orientale, mentre la Provincia francese ne ha avuto 6.

La scomparsa di questi fratelli (e speriamo che la lista non si allunghi) segnerà per molto tempo la vita dell’Ordine e delle circoscrizioni di appartenenza. 


Molte province, soprattutto quelle appartenenti al cosiddetto mondo occidentale, hanno da qualche decennio il problema numerico della scarsità di vocazioni: la perdita di tanti frati segnerà ancora di più, e più a lungo, la vita di queste circoscrizioni, soprattutto di quelle di costituzione più recente. E la crisi riguarda anche la nostra provincia, che registra la perdita di Padre Jean Laurent Guglielmi. Quel che stiamo vivendo ci ricorda che la nostra sopravvivenza è nelle mani di Dio, che, solo, può suscitare altre vocazioni. E ci incoraggia l’ingresso in postulato di cinque giovani, che alcuni giorni fa hanno iniziato il loro cammino a Sanluri.

Il contagio del virus ha cambiato anche il nostro stile di vita. Il distanziamento fisico, imposto dalle disposizioni emergenziali, ha come prima conseguenza il distanziamento anche delle relazioni nella nostra vita di fraternità: si rischia di diventare sempre più estranei gli uni agli altri. La condivisione di gesti fraterni, di visite tra confratelli di diverse fraternità, la condivisione di esperienze spirituali, di momenti comunitari a livello provinciale sono già diventati più rari perché più difficili da realizzare per timore del COVID-19. Anche la programmazione e l’attuazione di iniziative di carattere formativo saranno condizionate dal timore e dal rischio del contagio. L’uso doveroso della mascherina nella vita quotidiana, pur essendo un dispositivo necessario per proteggersi dal rischio del contagio, nasconde ai confratelli un dettaglio di non poco conto: nasconde il nostro sorriso, l’espressione più bella e più gioiosa della nostra persona. Il nostro saluto, tipicamente francescano, di “Pace e Bene” rischia di essere come soffocato da quella protezione. La mascherina talvolta fa pensare al bavaglio, imposto non solo alla nostra bocca ma anche al mondo delle nostra idee, una censura insomma, un’offesa arrecata al grande dono della nostra libertà.


L’assedio del virus ci rende anche più diffidenti nei confronti degli altri: perché ci aggredisce di soppiatto, grazie alla sua invisibilità e inafferrabilità. In ognuno di essi, dei fratelli, temiamo che si nasconda un untore, uno che potrebbe rovinarci la vita.

Le nostre liturgie sono anch’esse condizionate dalla pandemia: in chiesa si prega a distanza, si omettono i gesti più significativi come quello della pace, si impongono certe restrizioni (provvidenziali) nel ricevere l’Eucaristia, la sanificazione agli ingressi e alle uscite, assorbono e deformano la sacralità della partecipazione in fredde misure preventive. L’amministrazione del sacramento della riconciliazione impone anche la separatezza tra confessore e penitente, una separatezza che rende problematica la comprensione tra i due. L’assoluzione dei peccati deve fare i conti con la parete divisoria del plexiglas. Ma, per grazia di Dio, la misericordia è capace di superare ogni barriera.


La tempesta non è finita: i contagi nel nostro Paese aumentano vertiginosamente. Siamo alla seconda ondata. Basteranno gli ultimi provvedimenti governativi a fermarla? I dubbi non mancano. Noi invochiamo lo Spirito Santo perché scenda su di noi e sui responsabili della cosa pubblica. Tutti ci illumini e ci protegga. La Vergine Maria, sollievo dei soffrenti e rifugio dei peccatori,  interceda per noi. Tutti i santi del Cielo ci accompagnino in questo tratto difficile del nostro cammino.

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