I Cappuccini Sardi raccontano la loro storia


di Padre Tarcisio Marco Mascia



I primi Cappuccini arrivarono in Sardegna nel 1591. Erano un piccolo gruppo di 12 frati, guidati da P. Zefirino da Bergamo, e inviati dal Ministro Generale dell’Ordine, P. Girolamo da Polizzi. A questa data i Cappuccini erano già presenti un po’ ovunque nella penisola italiana: li ritroviamo nelle Marche (1525), dove erano nati; a Roma (1529), in Calabria (1532), in Sicilia (1534). Quindi a Napoli, Genova, Montepulciano; nel 1540 erano in Corsica, a Bastia, dove veniva fondato il convento di Sant’Antonio, il primo fuori della penisola. Ben 51 anni dopo arrivavano anche in Sardegna. E in questo stesso anno fondavano due conventi: uno a Cagliari e un altro a Sassari, abbracciando così sin dall’inizio tutta l’Isola.

Da un documento dell’Archivio Arcivescovile di Cagliari ricaviamo l’informazione che l’11 ottobre del 1591 veniva posta la prima pietra del Convento di Cagliari, sul colle di Buoncammino, convento che in seguito sarebbe stato chiamato “convento maggiore” per distinguerlo da quello di San Benedetto (fondato alcuni decenni più tardi, nel 1643) o convento di Sant’Antonio, perché dedicato a questo santo francescano.

Quasi contemporaneamente a quello di Cagliari, veniva fondato il convento di Sassari. Da una nota sappiamo che ai primi frati giunti in questa città fu affidata l’officiatura della chiesa di S. Antonio Abate. Quindi fu concesso loro di costruire un piccolo convento presso detta chiesa. Qualche tempo dopo, e per motivi opposti, Cappuccini e Servi di Maria si accordarono per scambiarsi le case: i Cappuccini si trasferirono a S. Maria di Valverde e i Serviti a Sant’Antonio Abate. La permuta dovrebbe essere avvenuta tra il 1593 e il 1595.

L’arrivo dei Cappuccini in Sardegna coincideva praticamente con la fine del secolo. L’Ordine contava circa ottomila frati, dediti pastoralmente soprattutto alla predicazione, all’assistenza degli infermi e degli appestati, all’assistenza dei soldati come cappellani nella spedizioni militari, in particolare nelle campagne antiturche. E ancora erano presenti sul fronte della resistenza al Protestantesimo (Svizzera, Francia, Germania, Isole Britanniche). Furono altresì impegnati nell’annuncio missionario, in particolare nell’Oriente musulmano.

La grande crescita dell’Ordine fu accompagnata da una grande fioritura di santi, che si estenderà anche alla nostra isola. Ricordiamo tra tutti: Felice da Cantalice, Serafino da Montegranaro, Giuseppe da Leonessa, Lorenzo da Brindisi, Ignazio da Laconi.

Quando sorge l’alba del nuovo secolo, il Seicento, i Cappuccini fondano nuove case in Sardegna: Ozieri, Iglesias, Alghero, e poi Bosa, Sanluri, Oristano, Nulvi, oltre a quelli già esistenti di Cagliari e Sassari.

Nel 1607 fu mandato nell’Isola P. Stefano da Camerota con l’incarico di costituire la Provincia di Sardegna. Dopo aver visitato i cinque conventi, convocò e celebrò il Capitolo nel gennaio del 1608 nel convento di Sant’Antonio a Cagliari, dove fu eletto egli stesso ministro Provinciale.

Nasceva in questo anno 1608 la nuova Provincia di Sardegna, articolata nelle due custodie di Cagliari e di Sassari. Novant’anni dopo la Provincia, che abbracciava territorialmente tutta l’Isola (un territorio molto vasto e impervio), venne divisa nel 1697 in due Province: la Calaritana e la Turritana. Tale divisione si protrarrà fino al 1866, quando furono soppressi per legge tutti gli istituti religiosi presenti nel Regno d’Italia.

La dominazione spagnola, durata ben tre secoli lascerà un’impronta profonda nell’Isola e anche nella vita e nel costume dei Sardi, e anche nella vita dei frati. Apprendiamo infatti dalle cronache che un decreto del 1663 faceva obbligo ai frati di servirsi del castigliano nel parlare, predicare e scrivere, anche quando si rivolgevano ai Superiori Maggiori d’Italia, ossia generali, dal momento che il castigliano era stato già introdotto in Provincia.

La sottomissione al dominio spagnolo fu all’origine anche di contrasti col governo spagnolo nei Capitoli provinciali, perché esso si opponeva all’elezione di un Provinciale italiano (come avvenne nel 1672-1673) e interferiva nelle questioni interne delle due Province. 

Il periodo che abbraccia il Seicento e buona parte del secolo successivo è caratterizzato da una grande vitalità. Mariano d’Alatri sottolinea soprattutto “l’impressionante crescita numerica” dell’Ordine, che contava nel 1761 ben 34.229 religiosi e 1762 conventi, e aggiunge che “una tale crescita finì per creare preoccupazioni presso la stessa Curia romana. 

Dalla Rivoluzione Francese in poi l’Ordine incominciò il suo declino, causato da ostacoli di ogni genere. I tempi andavano rapidamente cambiando in tutto il Continente europeo. Le leggi di soppressione del secolo successivo daranno il colpo di grazia a tutti gli istituti religiosi, compresi i Cappuccini. Nei decenni seguenti alla soppressione la ripresa sarà molto lenta e faticosa. Grazie alla collaborazione di religiosi di altre province italiane, un poco alla volta i Cappuccini Sardi risaliranno la china. Finalmente nel 1946 rinascerà il Commissariato, prima generale e poi provinciale, della Sardegna. Nel 1972 verrà eretta la nuova Provincia di Sardegna. E allora avrà inizio una nuova storia. 









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