P. Luigi Maria Agus da Ghilarza, «Il restauratore della Provincia Calaritana»
P. Luigi Maria Agus da Ghilarza
«Il restauratore della Provincia Calaritana»
(1816-1877)
P. Luigi Maria Agus da Ghilarza
di Padre Tarcisio Marco Mascia
Il nome di P. Luigi Maria Agus da Ghilarza è strettamente legato alla causa di Fra Ignazio da Laconi, alla quale lavorò per ben 25 anni, conducendola fino al riconoscimento dell'eroicità delle sue virtù nel 1869. Tale riconoscimento renderà possibile la prosecuzione della causa fino alla canonizzazione, avvenuta il 21 ottobre del 1951.
P. Luigi era nato a Ghilarza, nella media valle del Tirso, nel 1816. A 18 anni entrò tra i frati Cappuccini, vestendo l'abito il 6 febbraio 1834 ed emettendo i voti semplici il 6 febbraio 1835. Il Necrologio della Provincia lo descrive così: «Di aspetto bello e avvenente, sempre sorridente e dalla mente lucida, pronta e vivace.» Una conferma di questa valutazione ci viene anche dal ritratto conservato nel nostro convento di Oristano, dal quale traspaiono l'imponenza della sua figura e l'intelligenza della sua mente. Si dice ancora di lui che «esercitò con grande frutto il ministero apostolico, attendendo al confessionale e al pulpito, nel quale si rivelò eccellente oratore, tanto da essere ricercato non solo in Sardegna ma anche in Continente e in Corsica».
Grazie alle sue qualità e all'eccellenza della sua preparazione culturale, filosofica e teologica, gli furono affidati diversi compiti nell'Ordine: professore di filosofia e teologia, quindi provinciale della Provincia Calaritana per 12 anni e in circostanze molto difficili, che coincisero con la soppressione degli Istituti religiosi. Mentre i conventi venivano requisiti e i religiosi dispersi, si adoperò ad acquistare una nuova casa dove riunire i frati, che chiamò «Casa della Divina Provvidenza». Nel 1867 P. Luigi riuscì ad acquistare la palazzina di proprietà del marchese di Laconi, sita a Cagliari in via Giardini 155, assieme ad alcune casupole limitrofe, con enormi spese, e a trasformarle in ricovero dei frati. La Casa comprendeva un vasto magazzino a due piani, un cortiletto, un terreno di 27 are, una casupola terrena. Quel magazzino, secondo lo storico Giancarlo Sorgia, era stato sede dell'Inquisizione spagnola nel 1492, diventata poi nel 1562 di proprietà del Marchese di Laconi. Infine P. Luigi costruì una cappella per la preghiera dei frati. I frati resteranno qui fino al 1907, quando, ritornati nel recuperato convento di Buoncammino, la vendettero alle Suore di Seillon.
Si deve ancora a P. Luigi l'acquisto all'asta pubblica del convento di Oristano nel 1871 e quello di Sanluri nel 1874, acquistato da un privato, che a sua volta l'aveva acquistato dal R. Demanio. Per questa ragione qualcuno lo definì giustamente «il Ristoratore della Provincia Calaritana».
«Noi preghiamo e speriamo, e ci uniformeremo a quanto Iddio nella sua giustizia e misericordia vorrà disporre sopra di noi, sicuri che un tutto ridonderà a sua maggior gloria, e nostro spirituale vantaggio. Noi siamo, e saremo sempre Cappuccini, soggetti pienamente al capo Supremo dell'Ordine, anche quando l'idra della rivoluzione ne discacci dalle nostre case, e c'inibisca di vestire in pubblico l'Abito nostro Serafico. Noi ci uniremo alla meglio in varie case delle Città e Paesi ov'esiston i nostri Conventi, e continueremo privatamente le nostre pratiche religiose, e la vita comune, finché Iddio placato dalle nostre preci, dalle nostre umiliazioni e sacrifizi non ci restituisca le nostre case, e non ci ridoni all'antica libertà religiosa».
Così scriveva, nel linguaggio ridondante dell'Ottocento, P. Luigi, Ministro Provinciale dei Cappuccini di Cagliari, in una lettera del 26 dicembre 1865, indirizzata al Ministro Generale dell'epoca, P. Nicola da San Giovanni in Marignano. Il Ministro Provinciale era consapevole della tempesta che stava per scatenarsi sugli Ordini Religiosi presenti nel territorio del Regno d'Italia. Per questa ragione, nella lettera citata, egli chiedeva che gli fossero inviate «le necessarie istruzioni sul modo di regolarci in caso di soppressione, ond'evitare le dispute, e rintuzzare le pretenzioni».
Egli chiedeva in particolare che gli fossero concesse speciali autorizzazioni circa la destinazione dei conventi e, in particolare, l'autorizzazione a poter disporre provvisoriamente «di qualche somma appartenente alla causa del venerabile Fra Ignazio da Laconi, obbligandoci noi di restituirle al più presto possibile... » E aggiungeva: «Se noi compriamo il Convento Maggiore (di Cagliari) possiamo dire di salvare la Provincia ... salvato il Convento Maggiore, noi otterremo facilmente gli altri Conventi in caso di ripristinamento de' Religiosi in Italia.»
Pie illusioni. Sono passati appena sei mesi, e il Ministro Provinciale invia una nuova lettera in data 14 giugno 1866 (la legge di soppressione è del 7 luglio dello stesso anno) al Superiore Generale in toni ben più preoccupati, in quanto i provvedimenti burocratici per l'attuazione della soppressione si erano già messi in moto.
Alla richiesta di istruzioni, il Ministro Generale risponde con lettera del 23 giugno, nella quale indica come regolarsi nelle presenti «luttuose vicende». La lettera del P. Generale termina con l'esortazione, rivolta a tutti i religiosi, di conservare anche nel secolo lo spirito della Religione, l'amore al corpo cui indissolubilmente appartengono, «mantenendo il sublime stato della religione con una vita edificante, con una condotta al tutto irreprensibile alla maggior gloria di Dio, al decoro del nostro Santo Abito, e alla edificazione dei prossimi.»
La risposta del P. Generale non soddisfa una parte dei frati, che ritiene impossibile, una volta chiusi i conventi, di continuare ad avere lo stesso rapporto obbedienziale con i Superiori. Ritenevano perciò che si dovesse «lasciar libero a ciascuno di unirsi, come, ove, e con chi vuole». Riserve anche circa la distribuzione del danaro, per la quale era stato deciso di dividere il tutto in parti uguali tra i singoli religiosi.
Si avvicinano intanto i giorni dell'abbandono dei conventi e il P. Provinciale, in data 10 dicembre, invia a ciascun convento un'istruzione in vista dell'esecuzione della legge di soppressione. Si tratta di provvedimenti pratici da attuare all'atto dell'abbandono.
L'anno fatidico sta per concludersi e in chiusura, il 30 dicembre, il Ministro Generale comunica al P. Provinciale i favori concessi ai frati Cappuccini, espulsi dai loro conventi, dal Santo Padre Pio IX nell'udienza del 22 dicembre. Non molti in verità, e tutti di carattere spirituale.
Col sopraggiungere del nuovo anno 1867 ha termine, nel foro dello Stato Italiano, l'esistenza della Provincia dei Cappuccini di Cagliari. Giuridicamente esisterà ancora per alcuni anni come circoscrizione dell'Ordine. P. Luigi, con lettera circolare del 1874, esortava i frati a consacrare al Cuore di Gesù tutta la Provincia e le singole comunità.
Il 18 maggio del 1877 P. Luigi si congedava dalla scena di questo mondo. P. Brunone da Sinnai, che gli succedette nel governo della Provincia, comunicando il decesso di P. Luigi, scrisse di lui come di un «uomo provvidenziale» e «Salvatore della Provincia». «Sappiate – scriveva – che Egli moriva tranquillo sperando che il buon Dio premierebbe le sue poche fatiche sostenute per la sua divina gloria… Solo affliggevasi per noi, che lasciava fra tante trepidazioni. Ma Egli, vedendoci piangenti intorno al suo letto di morte, colli occhi levati al Cielo, quasi profetando dicevaci… fate coraggio… la mano di Dio non è abbreviata… quel Dio me pensò per voi sino a questo momento, vi penserà ancora per l'avvenire…»
P. Tarcisio M. Mascia
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