Padre Salvatore Saba da Ozieri - L'uomo della burrasca» (Pio IX)

 Padre Salvatore Saba da Ozieri

«L'uomo della burrasca» (Pio IX)


(1795-1863)




Mons. Salvatore Saba,

Arcivescovo di Cartagine.




di Padre Tarcisio Mascia



Padre Salvatore Saba da Ozieri, alunno della Provincia Turritana e poi arcivescovo titolare di Cartagine,  vestì l'abito serafico il 7 settembre 1812 all'età di 17 anni nel convento di Ozieri, che allora era anche il convento più importante della Provincia e sede della Curia Provinciale. L'anno successivo emise i voti nelle mani del P. Serafino Carchero da Cuglieri, allora Ministro Provinciale e futuro vescovo. Da subito si rivelò studioso brillante e fu ordinato sacerdote il 10 agosto 1818, a Sassari, da Mons. Giovanni Antioco Atzei, vescovo di Bisarcio.
Dotato di vasta cultura, P. Salvatore fu maestro dei novizi, lettore di teologia, segretario del Ministro generale (1831), consultore del S. Uffizio e della Congregazione di Propaganda Fide, Definitore Generale (1838), Prefetto del Collegio Missionario a Roma (1848-1853) e infine Ministro generale dell'Ordine (1853-1859). In questi anni intrattenne una fitta corrispondenza col noto canonico ploaghese Giovanni Spano, con cui condivideva la passione per la storia antica.
Nel 1839 giungeva in Sardegna il Mnistro Generale dell'Ordine Cappuccino, P. Eugenio da Rumilly. Era accompagnato da P. Salvatore da Ozieri, allora definitore generale. Il Ministro visitò, sempre a piedi, le due province di Cagliari e Sassari, dove presiedette anche i Capitoli provinciali e pubblicò i nuovi superiori delle due province. Il 10 aprile il Ministro Generale si imbarcò a Portotorres per Torino. 
Il cronista  Vittorio Angius riferisce che intorno al 1845 nel convento di Ozieri vi erano 42 religiosi, risultando il più popoloso convento della città. P. Salvatore soggiornò in questo convento di Ozieri fino al 1849, quando fu chiamato a Roma per ricoprire l'incarico di reggente della procura generale. Furono quelli anni difficili, a causa dei moti popolari del 1848-1849 e dell'istituzione della Repubblica Romana del Mazzini (1848), a seguito della quale il Papa fu costretto a rifugiarsi a Gaeta (24 novembre 1848). Per la sua capacità di gestire quei difficili momenti, il Papa definì P. Salvatore Saba come «l'uomo della burrasca». 
Nel Capitolo Generale del 13 maggio 1853 P. Salvatore fu eletto 55° Ministro Generale dell'Ordine, unico sardo eletto a tale carica e che tenne fino al maggio 1859. Durante il suo generalato, scrisse ai suoi frati il 4 ottobre 1853 una lettera circolare per stigmatizzare le leggi liberali dei Savoia sulla soppressione degli ordini religiosi. 
Data la sua ampia cultura, fu chiamato nel 1862 da papa Pio IX a far parte della commissione (composta da laici e religiosi) che doveva redigere il “Manifesto dell’antiliberalismo”, noto come il “Sillabo”, la cui ideazione risaliva al 1849 come risposta ai moti liberali. Fecero parte della Commissione il teologo gesuita P. Giovanni Perrone, il domenicano P. Gatti, lo scrittore francese Louis Veillot, il servita P. Bonsiglio Maria e il P. Salvatore Saba.
Il Sillabo fu promulgato l’8 dicembre 1864 da Pio IX e comprendeva 80 proposizioni che condannavano gli errori del liberalismo, soprattutto il panteismo, il naturalismo, l’indifferentismo e il razionalismo. Inoltre, il Papa nel Sillabo condannava il social-comunismo, la massoneria e le sètte segrete, il cattolicesimo-liberale, la separazione tra Stato e Chiesa. 
Durante il suo soggiorno romano P. Salvatore strinse amicizia con la sarda, oggi Beata, Elisabetta Sanna (1788-1857), terziaria francescana, originaria di Codrongianos. P. Salvatore, quando fu introdotto il processo canonico sulla sua santità (appena quattro mesi dopo la sua morte), testimoniò con queste parole: «due cose mi colpirono assai e mi confermarono nel buon concetto che ne avevo, cioè il gran conto che ne faceva Mons. Soglia, allora Segretario della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, poi Cardinale, presso il quale spesso la vedevo, e sentii poi dire che in certe cose di sua coscienza la consultava; l’altro fatto che mi colpì, fu il gran pregio in cui la teneva il Servo di Dio Don Vincenzo Pallotti, divenuto suo Direttore […] Tutte queste cose unite a quanto comunemente si diceva […] mi fissarono nell’opinione che essa menasse una vita da santa» (Michele Calaresu). 
«Il Santo Padre – ha scritto P. Raffaele da Santa Giusta – volendo premiare il servo fedele dell Chiesa e metterlo allo stesso tempo in condizioni di un lavoro più efficiente, il 25 settembre 1862 lo nominava arcivescovo titolare di Cartagine.» (P. Raffaele da Santa Giusta, in Voce Serafica della Sardegna, nov. 1935, pp. 167-168).
A seguito di alcuni dissensi sorti tra i governi del Portogallo e della Santa Sede circa l'esecuzione del Concordato per le Indie Orientali, il Sommo Pontefice scelse come negoziatore il P. Salvatore, il quale, come figlio dell'obbedienza, si accinse ad assolvere all'arduo compito in compagnia del segretario P. Giacinto da Panacerrada, si portò in India, e qui, dopo aver ottenuto i primi risultati, durante il viaggio si ammalò gravemente. Ricevuti i sacramenti dal Vicario Apostolico di Pondichery, si spense mentre rinnovava al Sommo Pontefice la sua devozione alla Sede Apostolica.
Un missionario presente alla sua agonia così scrisse: «La sua agonia durò un giorno ed una notte. Fra le più atroci sofferenze trovava conforto negli amplessi e baci che imprimeva con tanta frequenza al suo Crocifisso Salvatore, mostrandosi così fino all'ultimo fedele imitatore del Serafico Padre. Il pio e venerando Arcivescovo, degno figlio di S. Francesco, rese la sua bell'anima al Creatore il 29 maggio 1863.» Quando la notizia della morte di P. Salvatore Saba giunse al Papa, questi esclamò: «Roma si è privata di uno dei più dotti teologi».
Ozieri da tempo gli ha intitolato una via nel centro storico cittadino.


Padre Tarcisio Mascia

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